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Come cambia la geotermia italiana nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima

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Una scarsa ambizione per il settore, che trova riflesso anche nell’impatto macroeconomico sul territorio

Fonte: GeotermiaNews

Autore: Redazione

Il Governo italiano ha inviato a Bruxelles la propria proposta di Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), elaborata dai ministeri dell’Ambiente, dello Sviluppo Economico e dei Trasporti.

Il sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega all’Energia, Davide Crippa, l’ha presentato come «uno strumento fondamentale per la politica energetica e ambientale del nostro Paese e dell’Ue per i prossimi 10 anni».

Ma quale ruolo gioca la geotermia in questo scenario?

All’interno del Piano si delinea innanzitutto lo stato dell’arte: per quanto riguarda il settore elettrico, nel 2017 il 34,1% della produzione lorda nazionale (pari a 113,1 Twh) proviene da fonti rinnovabili (FER), con la geotermia che si attesta su di un contributo corrispondente a 6,2 TWh.

Guardando invece al settore termico, l’apporto delle FER vale circa 11,2 Mtep (la quota sui consumi termici complessivi nazionali si attesta intorno al 20%), con la geotermia che ha contribuito per 131 ktep ai consumi finali coperti da fonti rinnovabili per il riscaldamento.

All’interno del Piano – che ha come orizzonte il 2030 – il maggiore contributo alla crescita delle rinnovabili deriva «dal settore elettrico, che al 2030 raggiunge i 16 Mtep di generazione da FER, pari a 187 TWh», ma per quanto riguarda la geotermia il Piano delinea solo «una crescita contenuta della potenza aggiuntiva geotermica».

A fronte degli 813 MW di potenza geotermica installata relativi al 2017, il Piano prospetta 919 MW nel 2025 e 950 MW nel 2030.

Parimenti, la quota previsionale di TWh individuata per la geotermia nel settore elettrico passa da 6,2 nel 2017 a 6,9 nel 2025 e 7,1 nel 2030 (a fronte di un 7,0 a politiche vigenti).

Poco secondo Elettricità Futura – ovvero la principale associazione delle imprese elettriche italiane –, secondo la quale il ruolo della geotermia «andrebbe rafforzato».

Il Piano delinea inoltre piccoli incrementi anche nel ruolo della geotermia all’interno dei consumi finali coperti da fonti rinnovabili per il riscaldamento: 131 i ktep relativi al 2017, 148 quelli al 2025 e 158 al 2030 (150 a politiche vigenti).

Una scarsa ambizione per il settore che trova naturalmente riflesso anche nell’impatto macroeconomico sul territorio.

Rispetto allo scenario a politiche correnti, infatti, il documento stima – attraverso il modello standard input/output – cosa cambierà per la geotermia nel settore elettrico: 0 investimenti annui in più, 0 valore aggiunto in più, 0 ULA (Unità di Lavoro) temporanee medie annue in più nell’orizzonte 2017-2030.

Per quanto riguarda invece gli occupati permanenti, in seguito all’evoluzione del parco impianti per la produzione di energia elettrica previsto dal Piano, la geotermia passerebbe da 689 ULA permanenti al 2017 a 789 nel 2030, con un +100 (a fronte di +12.742 ULA permanenti contando tutte le fonti rinnovabili elettriche). Per quanto riguarda invece il trend di investimenti e unità di lavoro relativamente al settore termico, il Piano non offre dati riguardanti la geotermia.