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La risorsa geotermica potrebbe soddisfare, teoricamente, l’intero fabbisogno energetico nazionale

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Lo sostiene la responsabile progetti geotermici del Cnr, Adele Manzella, che formula anche il pronostico più realistico che la geotermia, grazie a nuove tecnologie, possa arrivare a soddisfare il 10% del fabbisogno energetico italiano.

Fonte: Geotermia News

Autore: Redazione

Parola di scienziata. Adele Manzella, responsabile progetti geotermici del Cnr e coordinatrice dei due più importanti progetti nel settore, ovvero Vigor e l’Atlante geotermico, sostiene che l’enorme quantità di risorsa geotermica presente nel sottosuolo «teoricamente sarebbe sufficiente per soddisfare l’intero fabbisogno energetico nazionale».

«Il problema – spiega la responsabile del CNR -è quanta energia riusciamo ad utilizzare. Il suo sviluppo dipenderà dagli investimenti che si faranno nella ricerca e dalle nuove tecnologie».

Adele Manzella – in maniera più realistica – aggiunge che «secondo le principali analisi degli esperti con le attuali tecnologie nei prossimi anni si potrà raddoppiare l’attuale produzione ma con nuove tecnologie sarà possibile decuplicarla».

Senza considerare l’apporto che potrebbe essere dato dallo sfruttamento dei vulcani sottomarini che hanno un’enorme potenzialità.

A dicembre 2010, ha ricordato la Manzella «la produzione geotermica in Italia risulta pari a 882 MW di capacità, 5.343 Twh all’anno di produzione elettrica. In totale quindi con la geotermia si produce meno dell’1% del fabbisogno energetico italiano, ad oggi. Con tecnologie attuali si potrebbe raddoppiare la produzione nel giro di 10 anni, visti i tempi lunghi per le procedure e la realizzazione degli impianti».

L’Italia, come ha ricordato la ricercatrice, è il paese che circa 100 anni fa ha realizzato i primi impianti nel settore, tutti concentrati nella regione Toscana, dove oggi la potenza installata è di circa 840 Megawatt.

«Dopo un periodo di scarsa attenzione negli ultimi anni si registra un rinnovato interesse. Solo nell’ultimo anno sono state presentate 30 nuove richieste per poter effettuare ricerche finalizzate alla costruzione di un impianto».

Inoltre la geotermia si presenta come una fonte energetica particolarmente duttile e si presta ad una molteplicità di usi: dalla produzione di energia elettrica all’alimentazione di pompe di calore sino agli usi agricoli.

«Utilizzando in serie le varie temperature -spiega Manzella- è possibile produrre energia elettrica con liquidi o vapore oltre i 100 gradi, per poi passare all’uso diretto del calore quando la temperatura scende a 60-70 gradi soprattutto nei processi industriali come le cartiere, l’industria casearia, fino ad arrivare con una temperatura a 30 gradi alle terme o all’acquacoltura e infine alle pompe di calore per la climatizzazione».

C’è poi da considerare che «la resa energetica del geotermico è molto elevata, paragonabile a quella dell’eolico, con il vantaggio che il geotermico a differenza delle altre rinnovabili (eolico e solare) una volta realizzato l’impianto produce 24 ore al giorno».

La differenza tra le varie fonti rinnovabili sino ad oggi è dovuta sostanzialmente ai costi e questo ha influito molto sullo sviluppo delle potenzialità geotermiche.

«Per anni –sostiene Manzella- non vi è stato uno sviluppo adeguato delle potenzialità offerte dal sottosuolo in quanto vi sono costi elevati nella fase della ricerca e tempi più lunghi delle altre rinnovabili nella fase che precede la produzione. Di fatto il geotermico è diventato economico solo di recente con il caro-greggio».

I tempi, infatti, per arrivare alla realizzazione di un impianto si aggirano intorno ai 2 o 3 anni, quando va bene.

La procedura parte con una richiesta di un permesso di ricerca alla Regione, che verifica la necessità o meno di assoggettare il progetto alla valutazione d’impatto ambientale, per poter concedere i permessi di ricerca.

Una volta ottenuti, se le esplorazioni danno buon esito, l’azienda deve richiedere, sempre alla Regione, la concessione dello sfruttamento del giacimento individuato e quindi si procede alla realizzazione dell’impianto.

Per la responsabile del CNR, comunque, il nodo principale resta quello degli investimenti e dello sviluppo tecnologico, che ancora in Italia segna il passo.

«L’Italia -spiega- potrebbe realizzare un impianto all’avanguardia sfruttando l’energia geotermica di alcuni vulcani nel Tirreno come il Marsili. Si tratta di un progetto di grandi potenzialità che se realizzato sarebbe il primo al mondo. Richiede un impegno importante sia in termini di risorse che di tecnologie. Comunque sempre inferiore -conclude- a quello che poteva essere l’impegno per il nucleare».

Senza dimenticare che dallo sviluppo delle potenzialità di questa fonte di energia rinnovabile, oltre ai vantaggi energetici «si aprirebbe un fronte occupazionale anche per “cervelli” di grande competenza, visto che in questo settore servono specializzazioni multidisciplinari che vanno dalla geologia alla geofisica, dall’ingegneria alla geomeccanica».