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Starace: Enel Green Power sempre più leader nelle rinnovabili in crescita record in tutto il mondo

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Dialogo dell’ad di Enel Green Power con Andrea Gilardoni: l’obiettivo di un mondo che ricavi il 50% dell’energia dalle rinnovabili non è più un’utopia – Solare, geotermia, biomasse, fotovoltaico in forte crescita – EGP raccoglie i frutti di un modello di business unico, basato su un mix di tecnologie e investimenti in aree a forte sviluppo

Fonte: FIRST online

Autore: a cura di Camilla Carabini

Il futuro delle rinnovabili: un piano nazionale per la sostenibilità energetica. Acqua, sole, vento e calore della terra, questi gli ingredienti che consentono a Enel Green Power di produrre circa 22 miliardi di chilowattora all’anno. Con un titolo che ha guadagnato in Borsa il 20% dalla sua quotazione (4 novembre 2010), la società “verde” del Gruppo Enel si conferma uno dei leader di settore a livello mondiale.

L’amministratore delegato, Francesco Starace, e il professor Andrea Gilardoni dell’Università Bocconi nonché Presidente dell’Osservatorio Internazionale sull’Industria e la Finanza delle Rinnovabili (Oir), dialogano per FIRST ONLINE sullo sviluppo delle energie rinnovabili in Italia e nel mondo. Delineando le tendenze a livello globale, per poi entrare nello specifico della situazione italiana, sono emersi molti spunti interessanti tra cui la proposta di ripensare radicalmente alla struttura e al senso del Piano Energetico Nazionale (Pen) per puntare a uno strumento che consideri con almeno pari dignità la riduzione dei consumi, l’efficienza, la razionalizzazione della produzione, la nascita delle Smart cities e gli eco-distretti. In una parola: la sostenibilità.

GILARDONI – Gli investimenti in questo settore sono aumentati significativamente. Ma al di là di questo, quali sono le tendenze globali più rilevanti per quanto riguarda la composizione della domanda, la regolazione, gli ostacoli? E qual è la posizione di Enel Green Power nel mondo?
STARACE – Il 2010 è stato un anno davvero positivo per il settore delle rinnovabili nel mondo. Gli investimenti in impianti di produzione sono aumentati del 30% rispetto allo scorso anno, superando ad esempio, il valore complessivo del mercato del “lusso” mondiale. Sono stati installati 86mila MW e la dinamica maggiore si è registrata nel solare (+71%), seguita dall’eolico (+24%) e dalle biomasse (+11%). Dall’analisi di industry report si stima per il 2020 una crescita annua dell’8,7%. Fino ad oggi ogni aspettativa si è rivelata sbagliata, ma per difetto. Il 2010, l’anno peggiore dopo la crisi, ha registrato un incremento del 7,6%. E la capacità di Enel Green Power è cresciuta ancora di più, avendo registrato un aumento del 30% rispetto al 2009. E’ interessante notare che nelle rinnovabili la crescita è distribuita indistintamente in tutto il mondo, perfino in Africa. In molti Paesi l’energia pulita non è il frutto di una attenzione ambientalista, ma fa parte di una risposta al fabbisogno energetico. Questo è un leitmotiv in Sudamerica: l’energia serve e si produce, ma verde; infatti le rinnovabili rappresentano circa il 65% del mix produttivo. L’esempio dell’Egitto è ancora più lampante: in 20 anni la popolazione è raddoppiata, e con essa la domanda di energia. Il governo però non è stato in grado di generare un’offerta adeguata a un simile aumento di richieste. Nel mondo sempre più spesso le rinnovabili si sono rivelate la soluzione più efficiente nel breve termine: si producono localmente e sono una risposta a breve termine. In Europa forse è un tema poco dibattuto perché ci sono spinte contrastanti ma anche perché gli obiettivi sono diversi: si vuole avere un’indipendenza energetica nel lungo periodo e per questo discriminiamo le fonti di energia. Non è sbagliato, sono motivazioni diverse. Ma abbiamo anche un enorme vantaggio: il costo medio dell’energia in Europa è mediamente più basso che in alcuni paesi dell’Asia o in America Latina.

GILARDONI – In questo quadro voi state puntando molto sul Sudamerica, l’Europa non rende più?
STARACE – No, ancora non si perde nel Vecchio continente. E’ vero che nel nuovo piano strategico sono previsti meno investimenti in Italia e Spagna, dove però abbiamo già una presenza più che rilevante, e 1,2 miliardi in più tra l’America Latina e il resto dell’Europa. Il nostro scopo è mantenerci al vento con le tendenze mondiali e cercare posti nel mondo dove le rinnovabili non fanno parte di una nicchia ristretta, ma competono in un mercato più libero e più dinamico.

GILARDONI – Da uno studio del nostro Osservatorio emerge che impiegate strategie diverse rispetto i vostri maggiori concorrenti. Il mercato è grande e non c’è un vero leader. A quali dei competitors vi sentite più vicini?
STARACE – In un anno nel mondo si installa nuova capacità pari a 15 volte i MW installati oggi in Enel Green Power. Il settore delle rinnovabili è caratterizzato da un’incredibile frammentazione. Con le giuste mosse c’è grande spazio per svilupparsi. Ritengo però che Enel Green Power persegua una strategia “unica”, non assimilabile a quella di altre aziende. Queste ultime sono tutte nate da poco, focalizzate su una, al massimo due, tecnologie con un footprint tecnologico simile. Noi, a differenza loro, siamo presenti in tanti paesi nel mondo e sviluppiamo energia idro, geotermica, solare, eolica e da biomassa. Il mercato ora ha avuto il tempo per capirlo e per premiarci. E nei prossimi cinque anni prevediamo di disporre di una capacità aggiuntiva di circa 4.300 MW da fonti rinnovabili, fermo restando il nostro impegno ad avere almeno un 10% di ritorno sugli investimenti.

GILARDONI – E’ un mercato, dunque, che offre molte opportunità: più carte tecnologico-produttive hai da giocare, più probabilità hai di avere successo?
STARACE – Sì, il problema di molte aziende è che arriva un momento in cui non si riesce più a remunerare gli azionisti: i progetti perdono qualità e le società si bloccano nella crescita. Enel Green Power può contare su un forte cash flow, una molteplice proiezione tecnologica e aggiunge una o due nuove aree di crescita all’anno. E’ in grado di finanziare la sua crescita, e cresce diversificando tecnologie e geografie, scegliendo quindi sempre i migliori progetti. Questo assicura una crescita nel tempo, con ritorni sempre sostenibili.

GILARDONI – Passando all’Italia, qualche giorno fa, sul Corriere della Sera, Agnoli scriveva che c’è una capacità produttiva in eccesso del 20-30%. Il Governatore Mario Draghi nell’ultima Relazione Annuale invita ad un’attenta analisi costi-benefici per ottimizzare gli investimenti infrastrutturali necessari per lo sviluppo del Paese. Dalle nostre stime risulterebbe dare maggiori benefici l’investimento in altre infrastrutture (come la banda larga) e non nella produzione da rinnovabili.
STARACE – La cosa non mi sorprende affatto anche se non spetta a me esprimere delle indicazioni. All’Italia mancano infrastrutture adeguate. Limitandosi però all’energia, certamente si è investito troppo poco nella rete, per niente nei gassificatori e troppo nella generazione.

GILARDONI – Sappiamo che le piccole e medie imprese si appoggiano alle reti che tessono nel mondo le grandi aziende. Quali sono gli spazi per l’industria italiana? Enel Green Power può fare da traino?
STARACE – Certamente. Ci sono casi in cui lo fa in modo diretto. Per esempio nel settore dell’energia geotermica: c’è un’industria italiana forte, si è sviluppato un know-how nazionale e il nostro Paese ha ancora molto da offrire, essendosi già conquistato, grazie al nostro gruppo, una leadership tecnologica riconosciuta a livello mondiale. Per quanto riguarda il solare l’8 luglio inaugureremo una delle più grandi fabbriche al mondo. Ovviamente intorno a queste industrie c’è un ampia filiera produttiva ed è un settore attraverso il quale possiamo ancora portare valore permettendo alle imprese nazionali di crescere. Nell’eolico, dove c’è un’industria mondiale già molto sviluppata, rimane grande spazio per la componentistica. Forse quello più interessante è il settore delle biomasse su scala “ridotta” : vogliamo creare una filiera tecnologica tutta italiana. E’ qualcosa che manca nel mondo e la stiamo lanciando. I volumi per produrre energia di biomassa sono enormi ma se si pensa di poterli trasferire su lunghe distanze si è fuori strada. L’obiettivo è creare risposte ad hoc e in loco costruendo tanti impianti laddove ce n’è bisogno.

GILARDONI – Dopo l’incidente di Fukushima e dopo il referendum, quale ruolo assumono le rinnovabili? Il 50-25-25 (fossile-nucleare-rinnovabili) va ripensato?
STARACE – Arrivare in un futuro non troppo remoto al 50% di rinnovabili non è un obiettivo impossibile: la crescita del solare sarà ampia, la geotermia potrebbe triplicare e la biomassa ha ancora potenziali sconosciuti. Sono convinto che saremo sorpresi dalla velocità con cui si diffonderà il fotovoltaico, e dal 2016 da solo, senza incentivi.

GILARDONI – Il Pen (Piano Energetico Nazionale) è sempre stato pensato come un modo per costruire l’offerta. Ma questo andava bene fino a quando c’era un quadro inerziale e monotono di crescita. Lo scenario è cambiato: ritengo che il Pen sia superato, anzi pericoloso. Dovremmo lanciare un qualcosa di nuovo, un Piano Nazionale per la Sostenibilità Energetica, che riduca drasticamente l’attenzione sul come produrre e che si concentri maggiormente sui temi dell’efficienza energetica e delle Smart Cities, poiché consumi ed emissioni si generano soprattutto nelle città. La politica energetica non si fa più con il Pen, cosa ne pensa
STARACE – Sono d’accordo con lei, ma penso che nella pratica sia già stato abbandonato. Non si può più pianificare chiedendo una quantità di MW all’anno, bisogna puntare alla sostenibilità. La Merkel sta prendendo la strada delle rinnovabili nel modo giusto: non indicando risultati da conseguire ma delimitando la cornice in cui le imprese devono muoversi

GILARDONI – E poi c’è il problema degli incentivi. Secondo molti sono ancora troppo elevati e durano troppo a lungo. Non bisognerebbe spostare una quota maggiore di risorse verso le Smart Grid, gli ecodistretti, l’efficienza energetica, la ricerca e l’industrializzazione dove, tra l’altro, potremmo veramente sviluppare maggiori capacità di competere?
STARACE – Bisogna distinguere tra il solare e gli altri settori. Infatti nel fotovoltaico il cambiamento del governo va proprio in questa direzione: nel 2015 finiranno gli incentivi. L’idea è che da allora saremo in grado di camminare da soli. E’ stato un passo importante: si è detto che gli incentivi, a un certo punto, finiscono, ma lasciando il tempo necessario alla filiera italiana di crescere e conquistarsi la propria quota di mercato. Gli altri comparti sono incentivati generosamente e anche rischiosamente. Con l’ultimo decreto sulle rinnovabili si eliminano i certificati verdi e si stabilisce che dal 2013 si effettueranno solamente aste competitive: siamo sulla buona strada.

GILARDONI – Sì, ma in pochi hanno compreso il funzionamento di queste aste.
STARACE – E’ molto semplice, in Brasile funziona già così da tempo: per esempio si fa una gara per produrre, poniamo, 1.000 MW. Ogni impresa presenta il suo progetto così da capire chi è disposto a produrre e quali volumi.

GILARDONI – Lei è fortunato, ha avuto modo di vederlo funzionare in Brasile. Ma gli altri operatori non hanno molto chiaro come si svolgerà il sistema. Forse il governo dovrebbe preoccuparsi di spiegare meglio gli aspetti applicativi. Per quanto riguarda gli incentivi, invece, qual è il sistema migliore secondo lei?
STARACE – La forma più valida appena descritta, e cioè il feed-in premium. Come dicevo, si premia il più efficiente: chi riesce a produrre con l’incentivo minore. Ricordiamoci che questa è la soluzione meno costosa per il consumatore finale. Il produttore di energie rinnovabili incassa infatti un corrispettivo che è la somma del prezzo di mercato dell’energia più il premio. Circa il sostegno alle Smart grids il grosso lo ha già fatto Enel con il contatore intelligente. Quello che manca è il salto dagli impianti istallati allo sviluppo del software: è una questione di cervello più che di portafoglio. E lo stesso vale per il discorso della ricerca. I fondi ci sono, quello che manca è una giusta collaborazione tra il mondo delle industrie e quello delle università. Le imprese, nel loro piccolo, dovrebbero proporre progetti concreti a gli enti dovrebbero essere pronti ad ascoltarle.

GILARDONI – Concluderei parlando di Smart Cities. E’ possibile costruire un’industria che sviluppi energie rinnovabili idonee per la costruzione di città ecologiche e sostenibili?
STARACE – E’ possibile sviluppare in Italia il mini-idro, il mini-solare e le taglie piccole. Le possibilità sono molte e abbiamo già un vantaggio con i 32 milioni di contatori che Enel ha installato su tutto il territorio nazionale. Siamo partner di Genova e Bari candidate all’iniziativa "Smart Cities" lanciata dalla Commissione Europea. Due città per ogni Paese Ue, avranno diritto a finanziamenti comunitari per ridurre, entro il 2020, il 40% delle emissioni di gas serra. Ci auguriamo che il progetto vada a buon fine e che possa essere l’inizio di un lungo cammino per tutte le città italiane.