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Focus economia toscana, Ires e Cgil: “Conferme di ripresa ma il lavoro resta precario”

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Focus economia toscana, Francese (Ires Toscana): “Si consolida la ripresa, ma il lavoro resta precario, il reddito diminuisce e le unità di lavoro restano ampiamente al di sotto dei livelli pre-crisi”. Lami (Cgil Toscana): “I lavoratori perdono meno il lavoro perché lo hanno già perso”

Fonte: Cgil Toscana

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Il quadro congiunturale che emerge dall’analisi dell’ultimo trimestre del 2017 conferma una tendenza positiva per l’economia della Toscana. Si consolida una dinamica di crescita che è andata accentuandosi nel corso dell’anno appena terminato, fino a raggiungere il +1,3% in termini di prodotto regionale, rispetto al +0,9% del 2016. Un ritmo di sviluppo più brillante sostenuto in modo particolare dalle esportazioni (+4%) e da un rinnovato vigore degli investimenti (+3%). In questo caso, mentre le performances positive dell’export non rappresentano una novità per l’economia toscana, va sottolineata la ripresa di una buona quota di investimenti, probabilmente alimentata sia dalle politiche di incentivo che da quelle del credito con bassi tassi di interesse.

Questo quadro congiunturale ragionevolmente positivo non ha prodotto, però, un significativo cambiamento nel comportamento al consumo dei cittadini che è stato, invece, sempre improntato ad una forte cautela. Come emerge, infatti, dal profilo dei consumi delle famiglie, questi ultimi sono cresciuti ad un ritmo più moderato insieme ad un parallelo seppur lieve aumento del risparmio delle famiglie determinando anche rispetto ad un settore sensibile come quello immobiliare un forte rallentamento dell’attività di compravendita. Una prudenza nei comportamenti al consumo ampiamente motivata da una condizione generale dei cittadini toscani che, guardata attraverso la lentedi ingrandimento del reddito disponibile e delle ore lavorate, appare ancora lontana dalla situazione “pre-crisi”.

Se si guarda, ad esempio, al reddito da lavoro dipendente si può affermare che il livello delle retribuzioni è, ad oggi, ancora al 4% in meno rispetto al 2010.

Così come, con riferimento alle ore lavorate, il dato delle unità di lavoro è ancora inferiore ai valori pre-crisi nella misura del -3,25%.

Un quadro complessivo, quindi, che continua a mostrare luci ed ombre e che conferma, tuttavia, in modo al momento irreversibile una tendenza negativa riferita alla qualità dell’occupazione. Si ribadisce, infatti, il ruolo fortemente marginale del contratto a tempo indeterminato (solo il 16%) rispetto all’insieme delle assunzioni, con una netta preponderanza del lavoro a termine (circa il 68%). Ne emerge, comunque, un saldo aggregato positivo tra assunzioni e cessazioni pari a 56.000 contratti di lavoro, interamente alimentato da contratti a termine, di apprendistato e di lavoro stagionale. Viceversa il contratto a tempo indeterminato mostra un saldo negativo tra assunzioni e cessazioni pari a 24.600 posizioni. Dal punto di vista del mercato del lavoro cresce leggermente lo stock degli occupati (0,3%) portandosi a circa 1.600 mila persone con un incremento di 5.200 posizioni. Si regista un rallentamento della dinamica positiva dell’occupazione da lavoro dipendente a fronte di un ritorno alla crescita degli occupati da lavoro autonomo (+1,2%), mentre sostanzialmente immutata rimane la dinamica di genere con una leggera contrazione maschile e una leggera accelerazione femminile.
L’occupazione si contrae nell’industria mentre torna a migliorare nell’edilizia, pur in quadro ancora fortemente distante dalla situazione pre-crisi (-16%). Rallenta la crescita del terziario, mentre l’agricoltura evidenzia un calo molto significativo (-14,3%). Parallelamente cala il tasso di disoccupazione che si colloca all’8,1% con un regresso dello 0,7% ed un livello di disoccupati che, in valori assoluti, scende a circa 141 mila unità.
Cala alla fine del 2017 anche la Cassa Integrazione nella misura di oltre il 30% rispetto al 2016. Un calo che riguarda in modo significativo tutti i settori e in modo più contenuto quello metalmeccanico e il lapideo. Le ore di cassa integrazione ammontano comunque a oltre 21 milioni di ore equivalenti a 15 mila persone di cui 8 mila metalmeccanici.

Molto elevato anche nel 2017 è, infine, il numero delle persone che risultano essere percettori attivi di prestazioni di sostegno al reddito nelle diverse modalità a conferma di un quadro dell’economia regionale ancora affannato e fortemente contraddittorio, inserito in un contesto dell’economia nazionale molto debole e reso ancor più incerto dall’approssimarsi delle elezioni politiche.
Un quadro confermato anche dalle tendenze in essere nel settore del credito dove si riconferma l’andamento degli anni precedenti per quanto riguarda i risparmi delle famiglie con un leggero miglioramento dal punto di vista degli impieghi. Per quanto riguarda le sofferenze assistiamo ad una crescita dei soggetti coinvolti ed un calo degli importi che per la prima volta, rispetto agli ultimi anni, tornano sotto i 16 miliardi.

Firmato: il Presidente di Ires Toscana Gianfranco Francese

La dichiarazione di Mirko Lami, segretario Cgil Toscana (delega al Mercato del lavoro): “Si confermano le difficoltà nella stabilizzazione dei rapporti di lavoro, significativa l’impennata dei contratti a termine. Ciò può dipendere dal fatto che le prospettive di crescita delle aziende non vanno oltre alcuni mesi, e queste non possono impegnarsi perché hanno problemi finanziari. Il credito inoltre cala e tutto questo determina un circolo vizioso.
Diminuisce poi la Cassa integrazione (per il 50% è aperta per i metalmeccanici, il grosso dei quali in provincia di Livorno dove c’è stato anche un prolungamento in quanto area di crisi complessa) così come la Naspi: i lavoratori arrivano ora nella vera disoccupazione, perdono meno il lavoro perché lo hanno già perso. L’export, poi, cresce soprattutto nel tessile-abbigliamento-conciario; a Prato invece resta stabile, e questo può essere dovuto al fatto che la crescita è nel sottomercato delle griffe che non ha valore aggiunto e non porta investimento. Per la Cgil per invertire queste dinamiche, e dato che il Pil è uno dei più bassi in Europa, va rilanciata la spesa su investimenti e formazione”.

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