Si è svolta a Firenze, presso l’Auditorium di Sant’Apollonia, la presentazione del volume monografico Il Vulcano di Monte Amiata, all’interno del quale sono raccolti dati e studi, rilievi e analisi svolti da geologi e ricercatori specializzati nel campo della vulcanologia. Un testo che permette di raccontare in maniera scientificamente rigorosa la straordinaria storia millenaria di un tumultuoso colosso di lava, oggi assopito sotto un manto di faggi e castagni, che conosciamo come Monte Amiata.
Passando dalla Regione Toscana al CNR di Pisa, ma anche dall’Università di Bari all’ISPRA, sono molti gli interventi che si sono susseguiti nel corso della giornata per esplorare le strutture geologiche e vulcaniche che hanno modellato il territorio restituendocelo così come oggi lo vediamo, definendo quelle peculiarità – in primis la presenza della risorsa geotermica ad alta entalpia, o quella dei minerali che hanno dato vita alla locale mineraria – che hanno influenzato profondamente non solo l’attuale contesto ambientale, ma anche quello socio-economico.
«Il Vulcano Amiata – osservano ad esempio Domenico Liotta e Andrea Brogi nel loro intervento – sì è sviluppato lungo una struttura crostale “di trasferimento” (transfer zone) con cinematica prevalentemente trascorrente/trastensiva sinistra. Tale struttura attraversa l’intera crosta (assottigliata) permettendo la risalita e massa in posto di un corpo magmatico (camera magmatica) e lo sviluppo dell’edificio vulcanico, ed è composta «da molteplici segmenti di faglia geometricamente collegati da settori di “bridge” che definiscono strutture tipo “pull apart”. Tali settori mostrano permeabilità secondaria favorendo la concentrazione dei fluidi geotermici e quindi delle mineralizzazioni. L’attività delle faglie trascorrenti è iniziata durante il Neogene e si è protratta fino al Pleistocene superiore-Olocene».
All’intervento portato da Andrea Dini va invece il merito di ricordare come sull’Amiata sorga il «distretto metallifero più importante in Toscana, ma anche il meno studiato», sebbene nel recente passato abbia portato molto lavoro – e impatti ambientali – sul territorio. «Il Distretto mercurifero del Monte Amiata è considerato un Giant Ore District – osserva Dini – Con più di 100.000 tonnellate di Hg estratto è il terzo distretto mondiale», con il giacimento di Abbadia San Salvatore che «da solo ha fornito più del 50% dell’intera produzione».
Di seguito il programma della giornata, con i link alle slide presentate e disponibili
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10.00 – Introduzione – dott. Guido Lavorini – Regione Toscana – S.I.T.A. – P.O. Geologia.
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10.20 – Il Monte Amiata – Geologia e Vulcanologia – dott.ssa Luigina Maria Vezzoli – Università dell’Insubria, Como ed Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR di Pisa
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10.40 – Il vulcano che non si vede – dott.ssa Sonia La Felice – Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR di Pisa
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11.00 – Le strutture tettoniche quaternarie nelle vulcaniti del Monte Amiata e dintorni – dott. Domenico Liotta & dott.Andrea Brogi Università di Bari, Diipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali
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11.50 – Miniere e minerali del distretto mercurifero del Monte Amiata – dott. Andrea Dini – Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR di Pisa
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12.10 – Un itinerario fra i siti d’interesse vulcanologico, geologico, paesaggistico e storico del Monte Amiata – dott. Simone Landi – Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR di Pisa
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12.30 – Il Monte Amiata – Cartografia geologica e processi vulcanici – dott.ssa Claudia Principe – Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR di Pisa
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12.50 – Il Progetto CARG e l’esperienza della cartografa del vulcanico – dott.ssa Maria Teresa Lettieri (ISPRA) – Servizio geologico nazionale