È lunedì, comincia un’altra settimana. In Europa è la Settimana delle energie sostenibili, con un carosello di conferenze, cerimonie, premiazioni e perfino una conferenza di tre giorni sulle politiche energetiche promossa dalla Commissione. Non solo a Bruxelles: l’Italia ha in programma 107 eventi, seconda soltanto alla Spagna con 123.
La scorsa settimana, dall’altra parte dell’Atlantico, Barack Obama ha nuovamente rilanciato l’idea della sicurezza energetica – già cavallo di battaglia di Jimmy Carter, nei remoti anni 70 – senza che neppure stavolta l’America paia seriamente invogliata a imboccare la strada del risparmio energetico, quella che la avvicinerebbe più velocemente alla chimera dell’indipendenza petrolifera. Intanto, dall’altra parte del mondo, il fallimento del round di negoziati sul clima che si è chiuso venerdì a Bangkok, lascia presagire che neppure quest’anno si arriverà – al vertice convocato a dicembre a Durban, in Sudafrica – al tanto sospirato trattato internazionale per la riduzione delle emissioni-serra, provocate dalla dipendenza planetaria da combustibili fossili.
«Ma la rivoluzione delle tecnologie pulite è possibile? Riusciranno i Paesi a mobilitare in tempo i rilevanti capitali necessari?». La domanda se la pone Nobuo Tanaka, direttore generale dell’Aie, l’Agenzia internazionale dell’energia, nella prefazione di un rapporto pubblicato giovedì scorso, alla vigilia del vertice ministeriale dei 22 Paesi più energivori (l’Ocse più Cina, India e Brasile) che si è tenuto ad Abu Dhabi.
La battaglia contro il tempo descritta dall’Aie, nata in seno all’Ocse in risposta al primo shock petrolifero, origina da una doppia premessa: bisogna riconvertire il sistema energetico mondiale per evitare i danni estremi del riscaldamento atmosferico. Tanto più che è un passaggio obbligato: la disponibilità di combustibili fossili facili da estrarre sta diminuendo, proprio ora che il mondo deve sostenere la crescita demografica e industriale dei Paesi emergenti.
In questo che è il suo primo rapporto sulle energie pulite, l’Aie dice che le tecnologie rinnovabili «stanno facendo grandi progressi su scala globale, ma i consumi di combustibili fossili vanno più veloci». Per essere sulla buona strada, il mondo deve raddoppiare l’uso delle rinnovabili da qui al 2020. L’Agenzia dell’energia ha raccomandato ai ministri riuniti ad Abu Dhabi di tagliare rapidamente i sussidi ai combustibili fossili: perché tutti dicono che il solare e l’elico non vivono, senza sussidi. Ma, su scala globale, petrolio, gas e carbone ne ricevono di più. Secondo l’agenzia parigina, il carbone, la fonte di energia che negli ultimi anni è cresciuta di più, deve essere rapidamente controbilanciato da nuovi impianti Ccs.
Il Ccs, che sta per "Carbon capture and storage", è la complicata tecnologia da applicare agli impianti di generazione elettrica per "catturare" l’anidride carbonica e poi immagazzinarla sottoterra. Nel mondo ci sono già numerosi impianti-pilota (come quello dell’Enel a Brindisi), ma poco o nulla su grande scala. Il primo problema è che è costosissima. Il secondo è che un conto è iniettare la CO2 dentro ai bacini petroliferi esausti per recuperare l’ultimo greggio rimasto (come fanno in Texas), un conto è seppellirla in giacimenti geologici poco adatti a sigillarla per sempre.
Ad Abu Dhabi dodici Paesi hanno promesso di spingere per risolvere il problema dei finanziamenti e quello dei rischi geologici, al fine di sostenere lo sviluppo del Ccs. Ma sulle altre raccomandazioni dell’Aie non si è fatta parola. A cominciare dai sussidi: tanto per dare un’idea, fra il 2002 e il 2008, gli Stati Uniti hanno assicurato 72 miliardi di sussidi alle energie fossili e 29 alle rinnovabili. Che poi petrolio e carbone crescano più velocemente di sole e vento non deve far troppa meraviglia.
L’Europa celebra la sua settimana delle energie sostenibili in un particolare momento storico: il consenso politico al suo impegno solitario verso un taglio del 20% dell’anidride carbonica entro il 2020 vacilla, mentre la Cina la supera per installazioni eoliche e solari. E intanto la Germania, prima economia continentale, vuol disfarsi del nucleare.
Il 2020 resta una tappa condivisa di medio periodo, verso l’auspicata rivoluzione energetica di metà secolo. Ma al 2020 mancano solo 454 settimane.