Un modello tedesco declinato all’italiana. La definiscono così, al ministero dell’economia, l’ossatura del quarto conto energia che sta prendendo forma, passando di mano in mano nei tavoli tecnici imprese-istituzioni. Dopo aver abbandonato l’idea iniziale di istituire un tetto di potenza per la concessione di incentivi alla produzione di energia pulita, il governo sembra intenzionato a chiudere la partita entro il 10 aprile, definendo tutti i punti oscuri della bozza del nuovo decreto attuativo. Una lotta contro il tempo per consentire agli amministratori locali di presentarsi preparati alla conferenza stato regioni, convocata per giovedì 14 aprile. Tante, al momento, le questioni aperte. Prima tra tutte, la definizione di una potenza obiettivo annua, che servirà come punto di riferimento per variare il livello delle tariffe incentivanti, prevedendo riduzioni anticipate degli incentivi in funzione della potenza installata, in un’ottica di contenimento della spesa. Le prime indiscrezioni parlano di un livello obiettivo di 2,5 GW per il 2011, che dovrebbe salire ai 3 GW dall’anno successivo fino al 2016. Senza contare il problema della contrattazione di un cap monetario (ossia il tetto massimo ai contributi) che soddisfi le esigenze di risparmio del governo con quelle di sostegno allo sviluppo del settore motivate dal mondo dell’industria. Al momento il governo sembrerebbe deciso a spalleggiare la proposta presentata da Confindustria, che prevede la concessione massima di 6 miliardi di euro l’anno di qui al 2016. Livello insufficiente per raggiungere la grid parity (l’insieme di condizioni economiche caratterizzate dalla coincidenza del costo del kWh fotovoltaico con il costo del kWh prodotto da fonti convenzionali), stando alle indicazioni delle associazione del settore che propongono un innalzamento del cap a 6,9-7 miliardi di euro, minimo necessario per il consolidamento dell’attuale mercato. "La differenza di un miliardo di euro tra la proposta governativa e la richiesta degli operatori verrà recuperata in bolletta attraverso la riduzione dei prezzi dell’energia, dovuta alla maggiore produzione di elettricità nelle ore di picco", ha assicurato Gianni Chianetta, presidente di Assosolare. Ma cosa,ne sarà della progressione con cui verranno limati al ribasso gli incentivi garantiti dal vecchio conto energia per riportare. L’Italia in carreggiata rispetto a quanto concesso dagli altri paesi europei? In questo caso, le divergenze tra la proposta del governo e le esigenze di chiarezza degli investitori sembrano propendere a favore dei secondo ovvero verso un passaggio graduale tra il sistema attuale e un nuovo sistema, tutelando almeno il 2011 per salvaguardare gli investimenti ed evitare effetti retroattivi. Se non altro, per scongiurare azioni legali da parte delle imprese e delle associazioni. Alcune delle quali hanno già iniziato a scaldare i motori, minacciando di ricorrere a Bruxelles nel caso in cui non venissero garantite le tariffe stabilite dal vecchio conto energia sulle quali si basavano i piani di investimento per il 2011. Secondo la proposta di Confindustria, gli incentivi sugli impianti realizzati a partire dal mese di giugno e fino a dicembre 2011 dovranno essere decrescenti con scaglioni mensili, con una riduzione del 10% a fine anno rispetto alla tariffa del secondo trimestre del terzo Conto energia. L’assegnazione del contributo pubblico dovrebbe avvenire in funzione della data di completamento della realizzazione dell’impianto e non dell’allacciamento alla rete così come previsto dalla normativa precedente. "Il taglio alle tariffe del 10% tra dicembre 2011 e gennaio 2012 ci sembra troppo elevato. Si dovrebbe riuscire a scendere al 5% di riduzione, per arrivare a toccare il 10% nel 2012 anziché del 15% come ipotizzato da Confindustria», ha aggiunto Chianetta, secondo cui una riduzione troppo forte in così breve tempo non sarebbe sostenibile dalle imprese del settore. Non solo. «Il governo dovrebbe adoperarsi per accompagnare la graduale riduzione degli incentivi con una radicale diminuzione dei tempi degli iter autorizzativi, che a oggi si traducono in aumenti significativi dei costi degli impianti (anche fino al 17%) e della connessione alla rete (fino al 10% del valore della realizzazione) », ha aggiunto il numero uno di Assosolare. «Auspichiamo inoltre che sia incentivata la crescita e lo sviluppo della filiera industriale italiana mediante forme di defiscalizzazione. E che venga costituito un tavolo di monitoraggio permanente con l’industria del settore fotovoltaico». Più critica la posizione dei rappresentanti dei consumatori, secondo cui il sussidio di cui beneficiano gli impianti in Italia è più che doppio rispetto a quello previsto in Germania, paese leader in Europa in questo genere di tecnologia a dispetto di una minore disponibilità di ore di sole nel corso dell’anno. «Il nuovo regime potrebbe costare 6 miliardi di euro all’anno, ovvero in 20 anni 120 miliardi di euro a carico della bolletta elettrica degli italiani», ha lamentato Pietro Giordano, segretario nazionale Adiconsum. «Un costo pesantissimo che deve vedere una rimodulazione con verifiche puntuali sui reali investimenti in energia pulita e non in speculazioni, che nulla hanno a che vedere con le energie alternative». Intanto, Sos Rinnovabili ha fatto i conti sulle bollette degli italiani per smontare le accuse del ministro dello sviluppo economico secondo cui il fotovoltaico potrebbe arrivare a pesare per il 20% sul costo della bolletta elettrica. «Con circa 5 mila megawatt installati, le famiglie pagano oggi meno del 2%: 1,7 euro su 100 di bolletta», hanno fatto sapere dal comitato. I conti sono molto semplici. Nella bolletta elettrica del 2010, per ogni 100 euro spesi da una famiglia italiana media 60,2 euro sono serviti a pagare il prezzo di produzione diretta dell’energia, 16 sono andati a coprire i costi di rete, 14,4 alle imposte e 9,4 alla voce «oneri generali». Che comprendono 2,7 euro per il Cip 6, cioè le false rinnovabili, ad esempio i residui di raffinazione del petrolio, 1,2 euro di incentivi al fotovoltaico, 2,6 euro per altre rinnovabili e 3 euro a un assieme di varie voci che vanno dal costo della dismissione delle centrali nucleari chiuse nel 1987 allo sconto concesso ai grandi consumatori che danno una disponibilità al distacco delle corrente in caso di emergenza.