Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna. Quattro regioni da tenere d’occhio per gli sviluppi prossimi futuri del geotermico in Italia a cui aggiungere la tradizionale Toscana. A indicarle come realtà con i maggiori margini di crescita sono Enzo Boschi, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giancarlo Passaleva, presidente dell’Unione geotermica Italiana, e Francesco Starace, ad di Enel Green Power (Egp) in un dialogo a tre pubblicato sul numero di marzo di Elementi, la rivista del Gestore servizi energetici (Gse).
In Italia l’ultimo atto normativo significativo per il settore è il decreto legislativo del febbraio 2010, che semplifica le regole per lo sfruttamento della geotermia. Per Starace “rappresenta un grande passo avanti. Ma è necessaria l’emanazione dei cosiddetti ‘disciplinari tipo’ da parte delle Regioni relativi a determinate materie quali, ad esempio, la valutazione dei requisiti tecnici ed economici dei richiedenti i permessi di ricerca, i contenuti dei programmi di lavoro e i criteri di valutazione delle proroghe dei permessi di ricerca” Per l’ad di Egp serve inoltre “coordinare le varie amministrazioni” per “assicurare omogeneità ai futuri provvedimenti”.
Il governo italiano ha dichiarato l’intenzione di raddoppiare la percentuale dell’energia geotermica all’interno del mix energetico, una quota che ad oggi rappresenta quasi il 2% della produzione elettrica nazionale e oltre il 7% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili.
Secondo Starace non si può immaginare di raddoppiare in tempi brevi la potenza installata “ma considerando lo sviluppo organico nelle aree tradizionali in Toscana e la possibilità di installazione di impianti binari – che sfruttano risorse a più bassa temperatura anche in altre aree – si può individuare un obiettivo realistico al 2030 di circa 1600 MW. Non si tratterebbe però di un raddoppio della quota geotermica nel mix energetico, dal momento che anche il fabbisogno elettrico del Paese crescerà”.
Nonostante l’Italia sia tra i Paesi più avanzati dal punto di vista tecnologico, non utilizza ancora a pieno le risorse a media e bassa temperatura di cui dispone. Le ragioni sono diverse: carenze di carattere legislativo, mancanza di una pianificazione energetica integrata a livello nazionale e regionale … Ma i margini di miglioramento sono ampi e l’esperienza in atto in altri Paesi europei indica strade di sviluppo possibili anche per l’Italia.
Starace cita due esempi. Il primo è “l’applicazione geotermica integrata come realizzata in Islanda, in cui la fornitura di energia elettrica è sempre associata alla produzione di calore per alimentare i sistemi di teleriscaldamento”. Il secondo esempio viene dalla Germania. Berlino ha applicato una forte politica di sostegno alla geotermia realizzata anche attraverso una tariffa favorevole e incentivi fiscali. Questo, spiega Starace, “ha portato a uno sviluppo considerevole nell’applicazione del riscaldamento autonomo, mediante pompe di calore, e alla fioritura di molti piccoli progetti geotermici gestiti dalle aziende municipalizzate”.