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Emissioni di anidride carbonica a -25% entro il 2020 ed efficienza energetica nelle abitazioni: la roadmap dell’Unione Europea.

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Presentata a Bruxelles la bozza della “Roadmap for moving to a low carbon economy in 2050” che prevede di portare il target della riduzione delle emissioni di CO2 per il 2020 al 25% (rispetto ai livelli del 1990) anziché al 20%; presto anche il piano che riguarda il raggiungimento degli obiettivi in materia di efficienza energetica.

Fonte: Rinnovabili e Territorio

Autore: Redazione

Il sesto anniversario dell’entrata in vigore del protocollo di Kyoto mostra l’Italia in linea con gli obiettivi previsti, secondo quanto sostenuto dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile.

Nel 2010 le emissioni di CO2, in base alle stime della fondazione, si sarebbero, infatti, ridotte di una quota compresa tra il 6 e il 6,4% rispetto ai livelli del 1990, quando gli impegni di Kyoto impongono al nostro paese, entro il 2012, un taglio delle emissioni de i gas climalteranti pari al 6,5% rispetto al 1990 (calcolato come media delle emissioni del 2008-2012).

A determinare il crollo delle emissioni climalteranti avrebbe contribuito la crisi economica degli ultimi anni, che ha fatto rallentare interi settori industriali ma anche l’aumento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili e la diminuzione -del 2,7% rispetto al 2009 – dei consumi di petrolio.
La valutazione delle emissioni fatta dalla Fondazione presieduta dall’ex ministro dell’Ambiente, Edo Ronchi,
si basa sui consumi di energia elettrica, di combustibili solidi, liquidi e di gas, e tiene conto della quota fornita dalle rinnovabili, dagli assorbimenti di CO2 e dal ricorso, previsto dal Protocollo, ai meccanismi flessibili (compravendita delle quote di emissione).

Dati confortanti anche alla luce dei nuovi impegni che si stanno delineando a livello europeo. E’ stata, infatti, presentata a Bruxelles la bozza della “Roadmap for moving to a low carbon economy in 2050 da parte della Commissione europea che prevede di portare il target della riduzione delle emissioni di CO2 per il 2020 al 25% (rispetto ai livelli del 1990) anziché al 20%.

Un obiettivo quindi più stringente rispetto a quello previsto dal pacchetto 20-20-20, ma più blando di quanto inizialmente proposto dalla Commissaria europea per l’azione per il clima, la danese Connie Hedegaard, che lo avrebbe voluto portare al 30%, avendo la consapevolezza che la quota di riduzione del 20% sarebbe stata raggiunta con quasi dieci anni di anticipo.

La bozza del documento pone come obiettivi al 2050 una riduzione dei gas serra tra l’80 e il 95%, fissa gli obiettivi intermedi a -25% al 2020; – 40% al 2030; -60% al 2040 e indica anche i costi previsti per raggiungere questi target, oltre ai percorsi più convenienti per riuscire a rispettarli.

Tra i suggerimenti che la Commissione elenca agli stati membri si trovano investimenti importanti nei settori delle fonti rinnovabili, delle reti intelligenti, degli impianti di cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs) e della elettrificazione dei trasporti.

Una roadmap che se rispettata permetterebbe all’Europa – come ha spiegato il presidente della Commissione José Manuel Barroso – di ridurre la propria spesa di circa 200 miliardi di euro, e di creare occupazione per circa di due milioni di persone.

La roadmap per la riduzione dei gas serra sarà portata in discussione nel mese di marzo e nelle prossime settimane sarà presentato anche il piano che riguarda il raggiungimento degli obiettivi in materia di efficienza energetica, su cui l’intera Unione europea risulta in discreto ritardo.

Ritardo che riguarda particolarmente da vicino il nostro paese come risulta da un’indagine presentata da Legambiente in collaborazione con Sorgenia proprio in occasione del compleanno di Kyoto, per lanciare la campagna “Tutti in classeA.”

Un’iniziativa per promuovere la cultura dell’efficienza edilizia e per avviare il percorso previsto dalla recente Direttiva (la 31/2010) in base alla quale dal 2021 tutti i nuovi edifici dell’Unione europea dovranno avere caratteristiche tali da essere autosufficienti nel fabbisogno energetico per il riscaldamento e il raffrescamento, e comunque dovranno essere in grado di soddisfarlo attraverso l’uso di fonti rinnovabili.

Secondo le stime del Ministero dello Sviluppo economico, complessivamente, il peso degli usi energetici civili rappresenta circa il 50% dei consumi elettrici e il 33% di quelli energetici totali. Diventa dunque importantissimo intervenire in questo settore per raggiungere gli obiettivi di efficienza energetica.

«L’Italia ha tutto l’interesse a percorrere questa strada – ha spiegato Edoardo Zanchini, responsabile energia dell’associazione – e vogliamo sollecitare Governo, Regioni e Comuni affinché accompagnino con regole chiare questa prospettiva. Ci sono stati ritardi in questi anni ma oggi la certificazione degli edifici è legge in tutta Italia, e quindi dobbiamo impegnarci per migliorare progressivamente gli obiettivi e gli standard energetici in modo da partecipare attivamente al raggiungimento degli obiettivi al 2021».

L’indagine sull’efficienza energetica degli immobili è stata svolta realizzando immagini termografiche di 100 edifici tra appartamenti e uffici in 15 città italiane

«Queste foto- ha spiegato Zanchini- mostrano con efficacia la differenza tra una casa di “Classe A”, ossia con uno standard di qualità energetica che certifica un bassissimo fabbisogno di energia per il riscaldamento, e quelle costruite invece senza alcuna attenzione a questi temi. Le prime garantiscono una migliore qualità della vita agli abitanti grazie al buon isolamento delle pareti, e a parità di comfort, possono consentire un sensibile risparmio nella spesa per il riscaldamento invernale e permettere di fare a meno dei condizionatori d’estate, riducendo fino a un terzo la spesa per il riscaldamento e il raffrescamento, ossia permettendo un risparmio tra i 200 e i 500 Euro l’anno a famiglia.

La fotografia complessiva emersa da questo primo monitoraggio – che continuerà nei prossimi anni – mostra come la quasi totalità degli edifici censiti presentino carenze strutturali relative alle dispersioni di calore. Un risultato che evidenzia quanto poco siano cambiate, negli ultimi trenta anni, le attenzioni da parte di progettisti e costruttori nei confronti di materiali, tecnologie e modalità costruttive impiegate per il contenimento degli sprechi energetici.