È andato a buon fine il primo tentativo di perforare il cuore del vulcano dormiente di Reykjanes, in Islanda. Un’operazione lunga e non facile che ha richiesto ben 168 giorni di lavoro, ma che soddisfa in pieno le aspettative del team IDDP. L’acronimo sta a indicare l’Iceland Deep Drilling Project, iniziativa che mira a indagare e sfruttare le potenzialità geotermiche del magma. E non poteva essere che la Terra dei Vulcani a prestarsi a questo esperimento tecnologico che, almeno in queste prime fasi, conferma la fiducia iniziale riposta dai partecipanti.
Il lavoro è solo all’inizio, ma il pozzo geotermico creato si è già guadagnato un record mondiale: con i suoi 4.659 metri è il più profondo ma realizzato. I geologi hanno registrato una temperatura di 427 °C e sono convinti di poter ottenere maggior energia quando il foro, nei prossimi mesi, sarà ulteriormente allargato. Nel frattempo il team ha prelevato i carotaggi su cui inizierà l’analisi geologica. “Abbiamo ottenuto alcuni bei campioni – commenta Gudmundur Omar Fridleifsson della società energetica islandese HS Orka, principale finanziatore del progetto – Sono tutti molto soddisfatti”.
L’obiettivo di IDDP è di raggiungere una profondità di 5000 metri, dove ci si aspetta che le temperature raggiungano circa 500° C. A questa profondità, l’acqua che vi verrà iniettata si mescolerà letteralmente con la roccia fusa si mescola con l’acqua e grazie alle elevate temperature e pressioni, passerà allo stato supercritico. L’acqua supercritica possiede contemporaneamente caratteristiche tipiche dello stato liquido e dello stato gassoso ma un’energia notevolmente maggiore.
L’idea è che quando il vapore viene riportato in superficie e convertito in elettricità, riesca a produrre fino a dieci volte più energia dei pozzi geotermici convenzionali. Il sistema darà agli scienziati una visione senza precedenti della geotermia vulcanica, aiutandoli a comprenderne meglio il funzionamento. Il progetto è finanziato da imprese del settore energetico (HS Orka, Statoil, Landsvirkjun e Orkuveita Reykjavíkur), dalla Orkustofnun (l’Autorità Nazionale dell’Energia islandese), dalla National Science Foundation statunitense e dal programma europeo Horizon 2020.