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Fotovoltaico e agricoltura ecco le scelte di Grosseto

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Il presidente della Provincia di Grosseto espone le scelte dell’amministrazione maremmana in termini di energia fotovoltaica: incentivare lo sviluppo della generazione energetica distribuita senza stravolgere il paesaggio.

Fonte: La Repubblica- Firenze

Autore: Leonardo Marras

 

Esiste una via "riformista" alla convivenza pacifica degli impianti fotovoltaici con il paesaggio che dal Rinascimento ha reso questa regione uno dei territori più celebrati nel mondo?
Come altre volte in passato, la Toscana si confronta con la necessità di tenere insieme sviluppo economico e tutela paesistica, e come altre volte guelfi e ghibellini incrociano le armi della dialettica. Con il rischio che l´amor di polemica faccia velo alle soluzioni possibili.
La Provincia di Grosseto, Distretto rurale d´Europa con un territorio che è un quinto della superficie regionale, ha fatto una scelta precisa di governo. Incentivare lo sviluppo della generazione energetica distribuita senza stravolgere il paesaggio.
Gli strumenti di pianificazione che ha adottato sono due: il "Protocollo per lo sviluppo delle energie rinnovabili" e il "Piano territoriale di coordinamento". Con il primo, il sistema di rappresentanza istituzionale ed economica ha anticipato le richieste di impianti fotovoltaici di medie e grandi dimensioni per monitorarli e sottoporli ad un pre-esame di fattibilità. Con il secondo, abbiamo dettato le regole insediative e le compatibilità paesistico ambientali.
Presupposto di partenza: ha titolo a richiedere un´autorizzazione soltanto l´imprenditore agricolo. Abbiamo privilegiato gli impianti connessi alle attività agricole e scoraggiato le grandi superfici di pannelli incentivate dai guadagni assicurati dal Conto energia. Da qui il limite del 5% della superficie agricola utilizzabile per installare pannelli a terra e la potenza massima di 1 MW, nonché l´obbligo di presentare il progetto nel contesto del "Piano aziendale pluriennale di miglioramento agricolo ambientale".
L´obiettivo dichiarato è quello di sostenere l´impresa agricola favorendone l´evoluzione multifunzionale.
Consapevoli del suo ruolo insostituibile nella manutenzione dei suoli e nella conservazione del paesaggio; funzioni che potranno continuare ad essere svolte solo se sarà garantito un reddito dignitoso. In provincia di Grosseto, tra l´altro, il Pil agricolo è il triplo della media regionale, e varia dal 5 al 7% del Pil totale a seconda delle annate, ma l´agricoltura vive da tempo una grave crisi di competitività e manca il necessario ricambio generazionale.
Per questo, ad esempio, abbiamo chiesto alla Regione Toscana di non vietare le superfici fotovoltaiche nelle zone Dop, Doc, Docg e Igt su terreni non utilizzati per colture specifiche. Quei marchi, infatti, non tutelano un territorio ma un prodotto. Ed è impensabile che chi non produce vino o olio non possa programmare l´attività in una logica produttiva multifunzionale. D´altronde il paesaggio rurale richiamato spesso dalla poetica ambientalista, è essenzialmente l´effetto di una scelta produttiva che genera reddito per le imprese agricole.
Alcune cooperative agricole che ad esempio collocano sul mercato il grano dei piccoli produttori, hanno salvato i propri bilanci grazie ai risparmi ottenuti con l´autoproduzione di energia necessaria ai loro processi di lavorazione.
Come altri territori della Toscana, poi, ci siamo confrontati con richieste di realizzare impianti di grande estensione, spesso di decine di ettari, per investimenti da milioni di euro.
Fermi restando i vincoli paesistici e ambientali, e le procedure di Via, abbiamo deciso di non dire no a priori.
Ma di porre due condizioni base: primo, autorizzare gli impianti solo dopo una variante urbanistica che individui le aree che non hanno più destinazione agricola. Aree scelte con il metodo della pianificazione partecipata e il vaglio delle assemblee elettive locali, perché gli impatti sul paesaggio si valutano da vicino e non con norme generali dettate da Firenze. Secondo, legare la presenza dei grandi impianti ad un ritorno per i territori che li ospitano in termini di sviluppo tecnologico, ricerca applicata, produzione e occupazione. Considerate le dimensioni, infatti, si tratta di attività industriali e come tali devono produrre ricadute industriali.
Attualmente sono in corso alcune istruttorie presso i Comuni, e in molti casi le ipotesi iniziali sono già state oggetto di ridimensionamento sia in conseguenza dei nostri criteri insediativi sia del confronto con le comunità locali.
Ogni regola, per carità, è perfettibile. Bisogna tuttavia evitare posizioni ideologiche, per cui l´unica soluzione possibile è la conservazione dell´esistente. Che finisce per privilegiare la rendita e favorisce l´abbandono e la ricomposizione fondiaria.
Per questo credo sia utile approfondire ancora il confronto con la Regione, senza chiudere frettolosamente un procedimento dai risvolti complessi che merita un dibattito approfondito.