A riferirlo Adnan Z. Amin, direttore generale ad interim dell’associazione, che durante un’intervista al quotidiano Gulf News ha spiegato i piani presenti e futuri di IRENA.
In tale contesto il Renewable Readiness Report costituirà una prima mossa effettiva sullo scacchiere internazionale per aiutare ad affrontare il problema climatico e della povertà energetica lì dove non si è ancora riusciti ad ottenere un accordo giuridico vincolante sul piano dei negoziati internazionali. La relazione affronterà uno dei principali ostacoli per l’adozione delle eco-energie nei paesi in via di sviluppo, vale a dire “la mancanza di conoscenze e capacità”, ha affermato Amin. “Per molti paesi si hanno elementi della politica dedicata rinnovabili, ma senza un’immagine chiara… quale sia il quadro legislativo, quali gli incentivi offerti…”
La relazione avrà quindi il compito di individuare le lacune del quadro politico e le potenzialità di sviluppo. Il progetto inizierà da due regioni in particolare, Africa e le isole del Sud del Pacifico, per aprirsi gradualmente a tutte le nazioni e coinvolgerà tutte le istituzioni sul territorio dalla Banca Mondiale, all’UNDP (United Nations Development Programme) fino agli organismi regionali. Si tratta un’iniziativa ambiziosa, la terza ad essere lanciata da quando Amin ha assunto la direzione di IRENA rimpiazzando la francese Helene Pelosse, se si considera anche l’annuncio della elaborazione di mappa che identifichi le aree con una buona radiazione solare e capacità eolica e un database dedicato alle tecnologie energetiche rinnovabili.
E, in attesa anche Brasile, Russia e Cina seguano il buon esempio di India e Sud Africa e di altri 48 stati che hanno già provveduto a ratificare oltre che a firmare lo statuto l’International Renewable Energy Agency, si lancia anche nel tentativo d’aumentare di dieci volte il suo budget annuale. “Per il tipo di lavoro che abbiamo in mente, il bilancio ottimale è di circa 250-300 milioni di dollari”, ha spiegato il direttore aggiungendo come sia “realistico prevedere una crescita del budget a medio termine. La sfida principale è quella di superare la percezione che le energie rinnovabili siano antieconomiche e tecnicamente impossibili. Le fonti verdi devono essere viste come una solida alternativa”. Ad oggi l’associazione può contare su 149 stati firmatari e 50 ratificanti, tra cui le ultime ‘new entry’ Bosnia, Erzegovina e Malesia.