Lo scandalo criminale del vino al metanolo segnava le cronache di trent’anni fa, in quel 1986 dove a un incredibile danno per il settore e per l’immagine del Paese si sommarono 23 vittime e decine di persone che andarono incontro a cecità o lesioni gravi. Il mondo del vino italiano da allora non è più lo stesso, ma è cambiato in meglio.
Come dimostrano i dati del report ‘Accadde domani’ della Fondazione Symbola e di Coldiretti, presentato oggi a Roma, l’industria del vino si è evoluta sulla qualità legata al territorio, anziché sulla quantità a basso prezzo. La produzione made in Italy in trent’anni è passata da 76,8 a 47 milioni di ettolitri (-45%), ma il fatturato e l’export (espressi in valore nominale) sono cresciuti: rispettivamente più del doppio il primo, da 4,2 miliardi di euro a 9,4 miliardi, e oltre sei volte il secondo, da 800 milioni a 5,4 miliardi.
Il nostro vino mantiene saldamente il secondo posto per quota di mercato globale col 19,9%: una bottiglia su cinque è made in Italy, e la Toscana in questa dinamica riveste un ruolo centrale. La nostra, nello scacchiere nazionale, è la sesta regione produttrice di vino con il 57% della produzione a denominazione di origine controllata, con ben 42 etichette, 6 Docg e 36 Doc. Anche qui, la quantità lascia il passo alla qualità.
Come nel resto d’Italia (dove si è passati dai 68 litri per persona all’anno del 1986 agli attuali 37 litri, che rappresentano il minimo storico dall’Unità nel 1861), in Toscana si beve meno ma si beve meglio, con il vino che si è affermato nel tempo come l’espressione di uno stile di vita “lento”. Solo negli ultimi cinque anni, in Toscana, i consumi di vino sono crollati dell’11,8%, ma negli ultimi sei mesi l’export di vini toscani è cresciuto del 21% rispetto all’anno prima sfiorando i 650milioni di euro.
«Lo scandalo metanolo – commenta Tulio Marcelli, Presidente Coldiretti – è ormai un capitolo archiviato: oggi una bottiglia su cinque venduta nel mondo è italiana e i nostri vini si sono riabilitati nei confronti del consumatore. La sfida, per tutti noi, è quella di rafforzare e difendere le posizioni acquisite combattendo la concorrenza sleale dei produttori internazionali».
Ma nella parabola del vino c’è di più. «Quello che è accaduto dopo lo scandalo metanolo nel vino italiano – spiega il presidente della Fondazione Symbola, Ermete Realacci – rappresenta una straordinaria metafora della missione del nostro Paese. La domanda di Italia nel mondo è legata alla qualità, alla bellezza, alla cultura. Per intercettarla l’Italia deve fare l’Italia, andare avanti nel cammino intrapreso verso la qualità e puntare sull’innovazione senza perdere la sua identità. Questa parabola produttiva e culturale che ha nel vino il suo campione riguarda una parte rilevante della nostra economia. Questa tensione costante alla qualità rivela il cuore e il motore del made in Italy».