Si chiama geotermia e si avvale di sonde geotermiche.
A volte basta scendere in profondità appena una decina di metri sotto la crosta terrestre per trovare una temperatura costante o quasi estate e inverno senza sostanziali differenze, con un aumento di tre gradi centigradi ogni 100 di profondità.
Per sfruttare il calore presente appunto sotto la superficie terrestre
è stata messa a punto da tempo, e ormai collaudata, la tecnica che
prevede l’impiego di sonde geotermiche a circuito chiuso che, senza estrarre acqua dal sottosuolo, ne recuperano però il calore e lo utilizzano per la produzione di energia pulita, sia per scaldare sia per raffrescare (invertendo il ciclo).
Si pone però il problema della progettazione delle sonde a regola d’arte, così come dello sfruttamento eccessivo del sottosuolo, con l’aggravante che a oggi non sono noti gli effetti, diretti o indiretti, sui giacimenti acquiferi.
Per tutti questi motivi la Giunta Provinciale del Trentino
ha posto precisi paletti per lo sfruttamento della tecnologia,
vietandone l’impiego in determinate aree, la cui determinazione è
riportata nella “Carta delle limitazioni per l’installazione di sonde
geotermiche a circuito chiuso”.
Sostanzialmente il divieto riguarda quattro tipologie di aree:
1. aree potenzialmente interessate da manifestazioni geotermiche, idrotermali o minerali già sfruttate e/o sfruttabili;
2. aree di rispetto idrogeologico delle sorgenti, dei pozzi e delle acque superficiali;
3. aree caratterizzate da frane superficiali, rotazionali, traslative e da deformazione gravitative profonde di versante (DGPV);
4. aree prossime a faglie sismiche presunte attive.