Crescono in Europa i brevetti italiani green. Nelle difficoltà della crisi in cui si trova a lottare ormai da tempo, il Belpaese sta dando buona prova di sé e della sua fama di nazione di inventori (oltre che di santi, poeti e navigatori, come recita l’epigrafe sul Palazzo della Civiltà Italiana, all’EUR di Roma).
Un know how che può rivelarsi prezioso per aiutare soprattutto quelle piccole e piccolissime imprese, che costituiscono la spina dorsale del nostro Paese, a fare un salto di qualità recuperando competitività sui mercati globali.
Tra il 2009 e il 2014 sono state 2.210 le domande di brevetto che hanno riguardato in qualche maniera il settore ambientale, dato che rappresenta circa il 9,5% del totale delle domande italiane pubblicate nello stesso periodo. Di questi oltre 2.200 brevetti “verdi” presentati da aziende italiane tra il 2009 e il 2013, oltre il 70% delle domande di brevetto è riconducibile a tecnologie per la produzione energetica da fonti rinnovabili, sistemi per il controllo dell’inquinamento e il risparmio energetico, biocarburanti, mobilità sostenibile, isolamento termico in edilizia, energia eolica, sistemi per la generazione di energia.
Si tratta di iniziative che danno un buon riscontro, economico oltre che ambientale, visto che nei dieci settori della green economy messi sotto osservazione da VedoGreen, le aziende non quotate in borsa hanno visto crescere il fatturato nel periodo 2009-2012, nonostante la crisi. Il problema per quanto riguarda il mondo dell’efficienza e della rinnovabili è principalmente lo sbocco di mercato che non può che essere quello estero visto che il mercato interno è a oggi ancora in crisi e le politiche sia italiane, sia europee di sicuro non aiutano. Anche sul fronte dell’efficienza energetica l’ecobonus del 65% è stato in forse fino all’ottobre scorso ed è stato prorogato per un solo anno, ripetendo un “tira e molla” già visto negli ultimi anni che impedisce di fatto la realizzazione di strategie di medio periodo da parte delle imprese. E non va meglio sul fronte europeo. Il fatto che i nuovi obiettivi al 2030, per quanto riguarda l’efficienza energetica, non siano vincolanti sarà un problema specialmente per le aziende italiane che sono molto forti nel settore. In un quadro come questo c’è la seria possibilità che molti brevetti trovino la via dell’emigrazione dal nostro paese, non producendo sviluppo in Italia. Anche questa è fuga dei cervelli.