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Cop 20: a Lima un accordo che rimanda le decisioni al prossimo futuro

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Il comunicato ufficiale, giunto dopo due giorni di intense discussioni, definisce “un successo” l’accordo raggiunto che “rinforza il processo nel suo cammino verso Parigi”. Critiche le associazioni ambientaliste

Fonte: Rinnovabili&Territorio

Autore: Redazione

Il documento approvato nel corso della Cop20 che si è tenuta in Perù e che è stato chiamato “Lima call for Climate Action”, definisce le linee guida in vista del vertice francese del prossimo anno a Parigi, dove si dovrà siglare l’accordo con gli impegni di tutti i Paesi sul fronte delle riduzioni delle emissioni per frenare i cambiamenti climatici.

L’accordo raggiunto a Lima rappresenta dunque una “road map” verso Parigi, in cui si fissano gli impegni nazionali che i Paesi devono annunciare entro la fine del prossimo marzo 2015. Una sorta di piani d’azione nazionali, che insieme dovranno costituire il completo piano d’azione globale per gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 al 2020, aggiuntivi rispetto a quelli attuali, così da garantire il rispetto della soglia critica dei 2° C, il limite internazionale concordato per scongiurare i catastrofici effetti dei cambiamenti climatici.

Il documento finale approvato a Lima contiene già la possibile bozza di un auspicabile accordo a Parigi nel 2015, dal momento che: i paesi industrializzati ottengono che venga riconosciuto un metodo per certificare i tagli alle emissioni; i paesi in via di sviluppo ottengono l’impegno dei paesi più ricchi e di quelli emergenti a farsi carico della maggior parte dei tagli delle emissioni, con i relativi costi; i paesi più minacciati dal cambiamento climatico, come le piccole isole del Pacifico e dei Caraibi, ottengono il riconoscimento del diritto a compensazioni per i danni che subiranno. Infine, i paesi di recente industrializzazione (come la Cina, l’India, il Brasile e il Sudafrica) avranno la possibilità di prendere impegni volontari per il taglio delle emissioni, partendo dal presupposto che viene riconosciuta una “speciale responsabilità” per i paesi storicamente industrializzati. Altra novità contenuta nell’accordo di Lima riguarda la creazione del Green Climate Fund, il fondo che dovrà finanziare i trasferimenti di tecnologia pulita e supportare i danni subiti per colpa del clima.

Soddisfazione per l’accordo raggiunto è stata espressa dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon che ha sottolineato come le decisioni prese a Lima serviranno per «spianare la strada per l’adozione di un accordo universale e significativo nel 2015».

Soddisfatto anche il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, che ha spiegato che «la decisione di Lima assicurerà che i contributi per la riduzione delle emissioni che i Paesi presenteranno nei prossimi mesi siano trasparenti, quantificabili, comparabili e adeguati rispetto all’obiettivo di contenere la crescita della temperatura entro la soglia dei 2°C». «Dalla conferenza -ha aggiunto il ministro- sono giunte inoltre risposte significative sia sul Green Fund che sulla finanza a lungo termine nell’ambito di una visione condivisa della crescita verde come modello socio-economico alternativo su cui si deve basare lo sviluppo se vuole essere sostenibile ed equo. Certamente non tutti i nodi sono sciolti e fino a dicembre 2015 ci sarà ancora molto da lavorare, ma la strada che abbiamo fatto qui a Lima ci consente finalmente di guardare avanti con fiducia».

Non tutti condividono però questa soddisfazione per il “Lima call for Climate Action”, in particolare le associazioni ambientaliste denunciano un accordo che in pratica non ha fatto fare alcun progresso nelle trattative. Secondo Legambiente, la conferenza si è conclusa con un “niente di fatto“ perché «purtroppo i governi sono stati incapaci di sciogliere i nodi relativi alla differenziazione degli impegni nazionali e al sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo, che continuano a bloccare i negoziati verso Parigi» ha dichiarato il presidente Vittorio Cogliati Dezza .

Per mantenere il riscaldamento del pianeta sotto la soglia critica dei 2°C, oltre la quale si rischia il punto di non ritorno è indispensabile ha continuano Cogliati Dezza «che i Paesi industrializzati onorino i propri impegni finanziari, per ristabilire la necessaria fiducia tra paesi ricchi e poveri, e sottoscrivano una roadmap che consenta di raggiungere entro il 2020 l’obiettivo già concordato dei 100 miliardi di dollari» .

«Una decisione deludente e debole, un compromesso al minimo comun denominatore» l’ha definita il Wwf perché, ha dichiarato Mariagrazia Midulla, Responsabile clima ed energia dell’associazione «non ha fatto progressi nonostante sia l’anno più caldo mai registrato».

Il Wwf definisce inoltre «grave l’indebolimento del percorso per ridurre le emissioni prima del 2020» dal momento che «la scienza è stata chiara, ritardare l’azione fino al 2020 renderà molto difficile evitare i peggiori impatti dei cambiamenti climatici, ma la politica è incapace di cogliere l’urgenza. La distanza tra allarme dei cittadini e capacità dei governi di rispondere sta diventando estremamente grave e pericolosa».