In una Toscana in cui si rischia l’abbandono delle superfici agricole, il biogas potrebbe essere una integrazione importante per il settore agricolo, l’unico deputato al presidio del territorio. I dati forniti nel corso del convegno “Il Biogas fa bene”, organizzato da Confagricoltura Grosseto nella sala Pegaso, ha permesso di comprendere il valore oggi di questa possibilità che viene offerta al mondo agricolo, che anche norme cercano di offuscare. “Intanto è bene dare un valore al biogas maremmano – ha aperto il presidente di Confagricoltura Grosseto, Antonfrancesco Vivarelli Colonna, davanti a una platea di imprenditori e studenti dell’Istituto Tecnico Agrario “Leopoldo II di Lorena” e della quinta energia dell’ITI di Grosseto – che oggi vede impegnati 15 impianti, di cui 11 da un megawatt, che permettono la produzione di 100milioni di Kw all’anno di energia elettrica. Impianti volti a valorizzare l’impresa e non a fare uno sterile mercato”. Poi rivolgendosi agli studenti gli ha esortati ha pensare con la loro testa ad informarsi rispetto alla disinformazione latente e artefatta che circola sul tema del biogas che è un modo per valorizzare l’impresa adottando il metodo del buon padre di famiglia. “A fronte di tutto questo, ed a impianti realizzati, – ha aggiunto – esiste il pericolo concreto di vedere applicate norme retroattive per le quali ci siamo già mossi chiedendo una infrazione in ambito europeo. Non si possono cambiare la carte in tavola a proprio piacimento e sopratutto dopo che un imprenditore agricolo ha investito milioni di euro”. Il riferimento di Vivarelli è alla norma che prevederebbe per le aziende agricole l’introduzione di un nuovo criterio di tassazione delle attività di produzione di energia da fonti rinnovabili con un coefficiente di reddito sul volume di affari del 25%. “A tale riguardo Confagricoltura ha mosso una vera e propria battaglia – ha spiegato Donato Rotundo della sede nazionale confagricola -, richiedendo un emendamento, in discussione in queste ore, secondo cui agli impianti già operativi, sotto i 300 kw, si congeli la questione fiscale al 2014 e per quelli superiori si stabilizzi una imposizione fiscale sull’imponibile della componente energia del valore dell’elettricità prodotta. Così facendo si favorirà la produzione di energia connessa all’agricoltura, mentre il digestato dovrà essere valorizzato a livello normativo per utilizzarne il più possibile in agricoltura biologica e di qualità”. Ma torniamo alla questione dell’abbandono delle superfici agricole che dal 1990 ha visto perdere 1,5 milioni di ettari a beneficio di una superficie forestale non gestita (poco meno della metà di quella totale), con il conseguente pericolo di incendi, riduzione della fruibilità del territorio, perdita del valore paesaggistico e aumento dei rischi idrogeologici. Ma come vengono utilizzati i suoli delle rinnovabil? “Nel 2012 le coltivazioni dedicate – ha detto Rotundo – descrivevano un quadro con 3.500 ettari di pioppicoltura per impianti cogenerativi a combustione, 26mila di colza, 18mila di girasole e 15mila di soia per impianti ad oli vegetali e 189mila tra mais, sorgo, erba medica e criticale per il biogas a cui si aggiungono dai 2400 ai 4900 ettari di fotovoltaico. Dunque su un totale di 12,8 milioni di ettari di superficie agricola utile solo il 2%, circa 260mila ettari sono dedicati alle agro energie (pensiamo che oggi sono 550mila i terreni a riposo)”. Margini che ci sono per progredire ulteriormente nel settore del biogas, sebbene vi sia una parte della opinione pubblica che basandosi sulla disinformazione condizionata da comitati costituiti ad hoc, si oppone a questa pratica. “Innanzitutto – ha commentato Lorenzo Maggioni del Consorzio Italiano Biogas – bisogna distingue tra impianti agricoli e quelli industriali. Nei primi il mix energetico è diretta emanazione delle produzioni agricole e dunque per nulla inquinante, come pure non sono inquinanti gli scarichi in atmosfera e gli scarti che vengono riutilizzati come ammandante. L’unica “pecca” è la perdita di energia sotto forma di calore che oggi le aziende agricole stanno cercando di evitare investendo nel potenziamento dell’uso di biometano o adottando accorgimenti tecnici”. Maggioni ha anche evidenziato come “in Italia ci siano molte polemiche alimentate dalla disinformazione, frutto di commenti da bar dello sport che si basano su dichiarazioni di medici, docenti e ricercatori universitari la cui competenza in merito è piuttosto discutibile ma tale da condizionare le scelte di molti amministratori regionali e locali. Come pure è da smentire la favola che i rincari in bolletta dipendano dalle rinnovabili. Sono voci infondate che creano solo allarme sociale”. Il consigliere regionale di Forza Italia, Alessandro Antichi ha ricordato come sia attualmente in approvazione il piano energetico regionale “che individua il potenziamento delle rinnovabili e sono in valutazione le oltre 600 osservazioni pervenute sul Pit, il cui l’allegato 1, che riguarda i criteri per la localizzazione e per l’inserimento ambientale degli impianti di biogas, indica puntualmente le aree dove non è consentita la realizzazione”. Proprio riguardo al Pit, il consigliere regionale azzurro ha smentito le dichiarazioni che gli assessori Marson e Salvadori avevano rilasciato nel corso di una conferenza stampa, circa una delibera con la quale venivano approvate le controdeduzioni alle 600 osservazioni presentate. “Delibera che ancora – ha concluso Antichi – non esiste perché in preparazione”.