Nei lavori della presidenza italiana della Ue, l’energia occupa un posto centrale. Le sfaccettature con cui il tema si presenta sono diverse. In primis geopolitiche: il tentativo è trovare nuovi equilibri per diversificare le fonti tra i produttori, nel caso del gas Russia, Medio Oriente e anche Mediterraneo. Si aggiunge l’esigenza dell’industria europea di recuperare competitività a fronte dei produttori Usa che godono dei bassi prezzi dovuti allo shale gas. Inoltre, l’obiettivo ambientale e gli impegni assunti dall’Ue richiedono misure per migliorare l’efficienza energetica (il consumo di energia per ogni aumento unitario di Pil), un aspetto virtuoso e di eccellenza per l’Italia, collocata nel 2012 dall’American Council for Energy Efficiency al 3° posto tra le maggiori economie mondiali. Lo stesso obiettivo ambientale preme per la diffusione delle nuove fonti eoliche e solari, che producono minore CO2 ma comportano una rivoluzione nelle tecnologie, nelle regole e nel disegno del mercato per essere integrate nella filiera elettrica. Per la loro natura di fonti decentrate sul territorio e intermittenti, richiedono la disponibilità di impianti di riserva quando cessa il vento o viene la sera, necessitano di strumenti tecnologici (“reti intelligenti”) per essere integrate nella catena dell’offerta e di nuove regole per garantire la sicurezza della vecchia produzione da fonti fossili, senza distorcere le condizioni del mercato. Sotto l’egida della presidenza italiana, i regolatori dei 28 Paesi del Council of European Energy Regulators si sono riuniti a Roma pochi giorni fa per il Consiglio dell’Agenzia europea dell’energia. A margine, la presidenza del Consiglio ha ospitato un workshop per confrontare le soluzioni allo studio per far fronte al nuovo paradigma elettrico e costruire il mercato della capacità, che si innesta nel disegno del settore elettrico per remunerare con valori di mercato la disponibilità di capacità produttiva di elettricità. L’obiettivo è che si sviluppi un’adeguata capacità di generazione di lungo periodo, in modo da garantire che si possa soddisfare la domanda al minimo costo e si riducano gli effetti di possibili picchi e cadute nel ciclo degli investimenti, accentuati dalla diffusione delle fonti rinnovabili. L’Italia è uno dei primi Paesi ad aver adottato un modello di mercato della capacità in grado di coniugare obiettivi di sicurezza con requisiti e regole di mercato(un’asta volontaria cui possono partecipare impianti nuovi ed esistenti purché programmabili e non incentivati). Il prodotto scambiato da chi acquista la capacità è una call option con un prezzo di esercizio ( strike price) fissato al costo variabile di un impianto di picco a ciclo aperto per non distorcere il mix produttivo, con l’obbligo di restituzione della differenza tra il prezzo spot e il prezzo strike, nel caso di prezzi futuri elevati. Il vantaggio di un’ottica di lungo periodo è prevenire i tempi costruendo un meccanismo di assicurazione futura per i consumatori, prima che si manifestino tensioni nell’equilibrio tra domanda e offerta e che la capacità di generazione diventi scarsa, è quello di minimizzare i costi in bolletta di una transizione difficile. La proposta è stata approvata dal ministero dello Sviluppo a giugno. È un tassello nell’ambito delle soluzioni che sono allo studio delle Autorità di regolazione per assicurare la flessibilità necessaria a cambiamenti di tale portata nella catena del-l’offerta e dei consumi dell’elettricità. L’obiettivo del mercato unico dell’energia preme con urgenza sulla riscrittura di regole e strumenti di tutti i Paesi membri per far fronte alla grande trasformazione in corso nel settore elettrico. L’esigenza della Commissione è quella di rispettare la scadenza del 2014 per l’integrazione dei mercati dell’energia con regole armonizzate e infrastrutture che connettano le regioni. Il modello italiano offre dunque un riferimento tra i Paesi membri.