Tutto come previsto, nella sostanza. Un intervento retroattivo sugli incentivi a fortissimo rischio di ricorsi, come ricorda la recente condanna del governo inglese per una misura molto meno drastica di quella prevista da noi. E un segnale ancora più preoccupante per quanto riguarda il futuro, con le modalità di penalizzazione dell’autoconsumo fotovoltaico. La giustificazione presentata – la possibile restrizione della base su cui distribuire gli oneri di sistema – è facilmente smontabile con due conti, che peraltro molti hanno fatto.
L’incertezza sulle dinamiche future riguarda peraltro anche le altre fonti rinnovabili. Insomma, si delinea un contesto che stride con gli impegni a medio e lungo termine che dovranno essere rispettati dal paese. Lo si nota anche dalla timidezza, per non dire dall’ostilità, con cui si affronta il tema dell’accumulo, strategico per l’evoluzione del sistema elettrico. In altre nazioni come la Germania e la California per lo “storage” sono invece previsti incentivi e sono stati definiti degli obiettivi quantitativi da rispettare.
Le decisioni prese da noi sono figlie da un lato della necessità di dare un segnale sulla riduzione delle bollette, dall’altro sono dettate dal timore che una ‘incontrollata’ diffusione delle rinnovabili possa mettere ulteriormente in difficoltà le compagnie elettriche.
In realtà l’impatto sui prezzi pagati per l’elettricità sarà più d’immagine che di sostanza. E per quanto riguarda le utilities, siamo sicuri che frenare le rinnovabili sia veramente vantaggioso per loro? In tutta Europa, e non solo, è in atto una revisione dei modelli di business delle aziende elettriche con una nuova e maggiore attenzione agli interventi di efficienza e delle rinnovabili decentrate. Su questa strada, peraltro, si è già incamminata l’Enel di Starace.
In autunno verranno definiti gli obiettivi al 2030 che molto probabilmente si articoleranno su emissioni climalteranti, rinnovabili ed efficienza, proprio come auspicato dagli ambientalisti e da importanti segmenti industriali.
Occorrerà dunque ragionare con lucidità su come rilanciare la transizione energetica. Centrale sarà l’accelerazione degli interventi nel settore edilizio. Con la drastica riduzione (40-50%) dei consumi energetici massimi nelle nuove costruzioni accompagnata da un forte contributo delle rinnovabili, in linea con le caratteristiche dei “nearly zero energy buildings” che si inizieranno a vedere fra meno di quattro anni. Ma soprattutto definendo innovative modalità finanziarie e organizzative che consentano di passare dalla riqualificazione, con successo, di singoli appartamenti agli interventi spinti sui condomini o addirittura su interi quartieri (deep renovation).
Abbiamo parlato delle rinnovabili. Passato l’attuale conflitto, occorrerà tornare a ragionare per capire possibili evoluzioni intelligenti sia sul versante elettrico che su quello termico. Per quanto riguarda l’efficienza energetica, oltre al settore delle costruzioni che proprio con queste politiche può resistere alla crisi e puntare ad un rilancio, l’industria dovrà accelerare notevolmente gli audit, le riduzioni dei consumi e i tagli delle bollette (questa volta reali).
Per finire, i trasporti. In un momento in cui a livello mondiale i veicoli elettrici stanno finalmente decollando, occorre chiedersi che ruolo vuole giocare il nostro paese. Anche tenendo conto delle strette interazioni che accosteranno l’accumulo distribuito e il sistema elettrico, in particolare in una realtà come quella italiana con una crescente quota di rinnovabili non programmabili.