Nuove opportunità per le imprese europee, bollette energetiche a prezzi accessibili per i consumatori, una maggiore sicurezza energetica attraverso una significativa riduzione delle importazioni di gas naturale e di un impatto positivo per l’ambiente: questi sono alcuni dei benefici attesi dal nuovo obiettivo di efficienza energetica per il 2030 presentate oggi dal Commissione europea in una comunicazione. L’obiettivo proposto del 30% si basa sui risultati già raggiunti: nuove costruzioni utilizzano la metà dell’energia che hanno fatto nel 1980 e l’industria è di circa il 19% di energia in meno intenso rispetto al 2001.
L’obiettivo proposto va oltre gli obiettivi di risparmio energetico del 25%, che sarebbe necessario per conseguire una riduzione del 40% delle emissioni di CO2 entro il 2030.
L’obiettivo proposto va oltre gli obiettivi di risparmio energetico del 25%, che sarebbe necessario per conseguire una riduzione del 40% delle emissioni di CO2 entro il 2030.
Allo stesso tempo, il quadro sull’efficienza energetica presentato oggi mira a trovare il giusto equilibrio tra benefici e costi. Günther H. Oettinger, vicepresidente della Commissione europea responsabile per l’energia, ha dichiarato: «La nostra proposta è la base per guidare l’Unione verso una maggiore sicurezza degli approvvigionamenti, l’innovazione e la sostenibilità, il tutto in un modo economico è ambizioso e allo stesso. Il tempo è realistico. La strategia di efficienza energetica completerà il quadro 2030 in materia di energia e clima, che è stato presentato nel gennaio 2014. nostro obiettivo è quello di dare il giusto segnale al mercato e incoraggiare ulteriori investimenti in tecnologie per il risparmio energetico a vantaggio delle imprese , i consumatori e l’ambiente».
Ma per Monica Frassoni, presidente dell’Alleanza europea per risparmiare energia (EU-ASE), «la Commissione europea sembra aver perso credibilità come mostra una evidente mancanza di ambizione nella proposta finale. La proposta è chiaramente non basata su una reale valutazione scientifica e una seria analisi costi-benefici, altrimenti sarebbe stato proposto un target tra il 35% e il 40%. La Commissione europea ha chiaramente ignorato l’enfasi dell’Agenzia internazionale dell’energia sull’efficienza energetica come primo combustibile in Europa. Invece sembra aver preso la via di minor resistenza nel proporre un approccio più regressivo che si concentra sui costi e non i molteplici benefici collettivi di un ampio quadro di efficienza energetica comune dell’Unione europea. Ora dobbiamo lavorare senza sosta con il Consiglio europeo per essere in grado di andare oltre una proposta così regressiva».
Anche per Legambiente si tratta di «Una grande occasione sprecata: ridurre il consumo di energia del 40% è economicamente e tecnicamente possibile. Il semestre europeo di presidenza italiana sia l’occasione per trovare un nuovo accordo sulle politiche per il clima e l’energia 2030».
La proposta della Commissione di introdurre un target per l’efficienza energetica del 30% per garantire una maggiore sicurezza energetica ed una più efficace azione climatica dell’Europa al 2030, che saranno gli Stati membri a decidere se rendere l’obiettivo vincolante o meno, è una grande occasione sprecata. Come sottolineato nella risoluzione del Parlamento europeo dello scorso febbraio, tagliare il consumo di energia del 40% è possibile. Infatti, secondo un recente rapporto dell’Istituto Fraunhofer, è tecnicamente ed economicamente fattibile raggiungere l’obiettivo del 40% di riduzione del consumo finale di energia entro il 2030 e ridurre in questo modo l’utilizzo di gas equivalente alle attuali importazioni dalla Russia. Usare il 40% in meno di energia taglierebbe le importazioni di gas del 40% e aumenterebbe l’occupazione del 3.1%
Ora spetta ai governi nazionali prendere la decisione finale nel Consiglio Europeo del 23 e 24 ottobre prossimo, quando dovranno – sotto presidenza italiana – trovare un accordo sul quadro delle politiche per il clima e l’energia al 2030.
«Serve un accordo ambizioso – dichiara Mauro Albrizio, responsabile politiche europee di Legambiente – in grado di dare gambe ad una reale transizione verso un sistema energetico a zero emissioni di carbonio. L’Europa entro il 2030 deve pertanto impegnarsi a ridurre le emissioni di gas serra del 55% e raggiungere il 45% di energia rinnovabile e tagliare il consumo di energia del 40%. Una sfida che l’Europa e l’Italia non possono assolutamente fallire. Il Premier Matteo Renzi si impegni dunque a cogliere questa sfida».
La Commissione europea ha pubblicato oggi la Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale, dalla quale viene fuori che «La politica di coesione dell’Ue rispetta gli obiettivi di crescita della strategia Europa 2020 creando posti di lavoro e riducendo le disparità in tutta Europa».
Per quanto riguarda il periodo 2014-2020 la relazione descrive come concentrare gli investimenti su settori fondamentali come l’efficienza energetica, l’occupazione, l’inclusione sociale e le PMI, perché siano soprattutto a favore dei cittadini.
Nel 2010 la Quinta relazione sulla coesione aveva sottolineato «La necessità di investimenti più coerenti con la strategia Europa 2020, di condizioni preliminari più rigorose e risultati più tracciabili». La nuova politica con il suo approccio altamente strategico si basa su queste raccomandazioni. Nuove regole e nuove condizioni preliminari per il finanziamento garantiscono che siano in atto i corretti quadri normativo e macroeconomico di modo che l’influsso della politica di coesione sia sempre maggiore.
La relazione presentata oggi dimostra che «Sebbene la recente crisi economica abbia ampliato le disparità regionali in termini di crescita, i dati nazionali e le proiezioni indicano un’inversione di tendenza grazie agli investimenti nell’ambito della politica di coesione più mirati».
In un comunicato la Commissione Ue sottolinea che «La relazione analizza lo stato della coesione dell’Unione e mette in evidenza le sfide cui devono far fronte le autorità nazionali, regionali e locali per superare le difficoltà poste dalla crisi economica e finanziaria. In particolare rileva che la politica di coesione ha attenuato la drastica riduzione degli investimenti pubblici, iniettando risorse finanziarie indispensabili in molti Stati membri e creando la stabilità necessaria ad attrarre gli investimenti privati».
Secondo i dati finora disponibili (fino alla fine del 2012) gli investimenti effettuati nell’ambito della politica di coesione dell’Ue nel periodo 2007-2013, «Testimoniano la creazione di circa 600 000 nuovi posti di lavoro, il sostegno a 80 000 nuove imprese, l’accesso alla banda larga per 5 milioni di cittadini e un miglior approvvigionamento di acqua potabile per 3,3 milioni di persone. Inoltre 5,7 milioni di persone in cerca di lavoro hanno ottenuto un aiuto per accedere al mondo del lavoro, mentre altre 8,6 milioni di persone, grazie al sostegno, hanno ottenuto le qualifiche necessarie».
La relazione ribadisce la necessità di una buona governance perché senza «Non si possono raggiungere né elevati tassi di crescita né la convergenza economica regionale. Sebbene la governance sia migliorata ovunque in Europa, grazie agli investimenti la capacità amministrativa in alcuni Stati membri continuerà ad essere sviluppata, così come si continuerà a formare e sostenere il personale per garantire l’uso più efficiente e redditizio del denaro dei contribuenti dell’Ue».
Anche se le città siano identificate come i motori dell’innovazione e della crescita, il rapporto fa notare che «E’ nelle città che, rispetto ad altre zone, si soffre maggiormente per la crisi in termini di perdita di posti di lavoro. Gli abitanti delle città sono più esposti al rischio di povertà e di esclusione sociale in molti Stati membri. Anche per questo motivo, le nuove regole della politica di coesione prevedono che almeno il 20 % del Fondo sociale europeo (Fse) sia investito nel rafforzamento dell’inclusione sociale e nella lotta contro la povertà».
Il commissario europeo alla politica regionale, Johannes Hahn, ha detto che «La relazione odierna dimostra chiaramente che la politica di coesione è diventata uno strumento moderno e flessibile per affrontare le diverse sfide poste all’Europa. È lo strumento d’investimento dell’Europa: sensibile alla crisi ma strategico in quanto volano di crescita e fonte di posti di lavoro oltremodo necessari. In effetti i giorni di ingenti sussidi per la costruzione di strade e ponti sono ormai solo un ricordo del passato perché molti Stati membri stanno colmando il divario infrastrutturale. Gli investimenti incentrati sull’innovazione e la crescita verde saranno fonte di posti di lavoro duraturi e di qualità e rafforzeranno la competitività delle nostre regioni. Ma la crisi ha lasciato il segno in molte regioni e città. Le disparità permangono e vi è ancora molto da fare. Questi fondi devono essere spesi saggiamente per garantire i migliori risultati, soprattutto nelle regioni e nelle città dove le necessità sono più urgenti»”
Gli investimenti previsti nel quadro dell’attuale ciclo finanziario, 2014-2020 «Si spingeranno oltre concentrandosi maggiormente su settori essenziali quali l’economia low carbon, la competitività delle PMI, l’innovazione, l’occupazione e l’inclusione sociale». Per sostenere il passaggio ad un’economia più ecocompatibile, la politica di coesione dell’Ue renderà disponibili più di 38 miliardi di euro attraverso investimenti a favore dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili, questo a fronte di 16,6 miliardi di w euro investiti nell’economia low carbon nel periodo 2007‑2013. La Commissione evidenzia che «Secondo i piani di spesa e gli accordi di partenariato degli Stati membri il sostegno alle PMI, affinché diventino più competitive, raggiungerà i 33 miliardi di euro (ossia un aumento di quasi 10 miliardi di euro). Oltre 80 miliardi di euro saranno investiti in capitale umano mediante il Fondo sociale europeo e l’iniziativa per l’occupazione giovanile».
Il commissario Ue all’occupazione e agli affari sociali, László Andor, ha dichiarato che «La Sesta relazione sulla coesione offre una visione approfondita del valore aggiunto della politica di coesione dell’Ue: una fonte essenziale d’investimento in crescita economica e progresso sociale nei 28 Stati membri. Il Fondo sociale europeo rappresenta quasi un quarto della politica di coesione ed è uno strumento chiave dell’Ue per investire in competenze e opportunità. Il Fse sostiene gli investimenti nei settori dell’occupazione, dell’inclusione sociale e dell’istruzione, ma anche nella buona governance e nella riforma della pubblica amministrazione. La relazione sulla coesione giunge in un momento importante, ossia quando gli accordi di partenariato con i singoli Stati membri per il periodo di programmazione 2014-20 sono in corso di adozione e i programmi operativi sono in corso di negoziazione. Essa offre un’immagine precisa di dove ci troviamo e di ciò che resta da fare per tradurre il bilancio 2014-20 in progetti concreti».
La Commissione sta inoltre avviando una nuova piattaforma aperta di dati relativi alla politica di coesione per sostenere una maggiore attenzione ai risultati, aumentare la trasparenza e favorire il dibattito sui risultati dei finanziamenti effettuati nell’ambito della politica di coesione. Gli utenti possono esaminare i dati della relazione per mezzo di una serie di mappe e grafici interattivi e possono presentare le loro osservazioni.