«La mia Enel? Noi siamo industria e vogliamo fare industria. Non facciamo servizi, siamo un asset industriale dell’Italia e del l’Europa. Questo siamo e questo saremo». Francesco Starace è stato appena nominato dal cda amministratore delegato e dg dell’Enel. Un cambio netto dopo la lunga stagione di Fulvio Conti. Ma l’azienda la conosce bene. E anche i suoi programmi. A cominciare da quello di riduzione del debito, che proseguirà con cessioni sul mercato per oltre 4 miliardi entro l’anno: «L’obiettivo – dice – è selezionare gli asset da vendere e fare un’unica operazione complessiva entro la fine dell’anno».
Ingegner Starace, nei giorni in cui è stato deciso l’ampio ricambio al vertice delle società controllate dallo Stato, Matteo Renzi ha auspicato un ritorno alla missione industriale di queste aziende. Più industria, meno finanza: si riconosce in questo programma?
Le aziende di cui si parla sono tutte industrie. Non offriamo servizi, facciamo cose. Siamo industria allo stato puro. Capisco la preoccupazione, perché oggi in Europa è in atto una profonda trasformazione produttiva con esiti non sempre chiari, e tuttavia aziende come l’Enel hanno un know how industriale secolare, siamo un asset industriale con radici profondissime su cui l’Italia e l’Europa devono e possono contare.
Fare industria è importante, ma una cosa è una centrale a carbone un’altra sono le reti intelligenti di ultima generazione. Che industria è quella che lei vede nell’immediato futuro di Enel?
La nostra valenza industriale si dovrà sempre più caratterizzare per la sua componente tecnologica avanzata. È così che si crea sviluppo e valore.
Siamo in ritardo…
Questo non è vero. In Italia nell’industria elettrica abbiamo la convergenza di quattro fattori di modernità: una digitalizzazione della rete di distribuzione che è stata completata, una generazione distribuita con centinaia di migliaia di impianti che producono, una crescente importanza dell’efficienza energetica, l’avvento della mobilità elettrica. In nessun paese è cosi. Dobbiamo proseguire su questa strada, con impianti rinnovabili dispacciabili sulla rete, reti sempre più intelligenti, ma la strada è giusta.
Un importante azionista come BlackRock vi ha inviato una lettera per chiedere più investimenti e sviluppo…
Condivido quella lettera. Mi sembra la sollecitazione di un azionista illuminato che dice: andate oltre i soli parametri finanziari e fateci vedere una creazione di valore nel tempo, investite nello sviluppo. Questo non ci incentiva a dilapidare, ma a guardare oltre il solo rientro del debito.
Parliamo allora di debito. Non deve essere comodo prendere la guida di un colosso su cui pesa ancora un debito di 40 miliardi. Ci sono le condizioni per centrare l’obiettivo di scendere a 37 entro la fine dell’anno?
Ci mancano 4,4 miliardi di dismissioni per raggiungere il target. Non è un numero magico, ma intendiamo centrare l’obiettivo per attestarci in una zona di piena tranquillità per l’Enel. Non che 37 miliardi siano pochi, ma per una azienda che ha i nostri flussi di cassa significa non avere problemi.
Cosa venderete? Si parla delle centrali in Slovacchia e Russia.
Inseriremo più cose. L’obiettivo è mettere insieme un potenziale ben più ampio dei 4,4 miliardi per poi scegliere gli asset da mettere realmente sul mercato. Ma faremo tutto insieme, in un’unica operazione.
Ci sarà qualcosa anche in Italia?
Soprattutto nel mondo.
Voci ricorrenti vi chiamano in causa nell’ambito dei progetti di privatizzazione del governo. Vi aspettate operazioni significative nei prossimi anni?
Siamo abituati alle voci ricorrenti. E in passato ci sono state anche dichiarazioni di esponenti di governo che hanno rischiato di far danni. Ma con questo governo non è successo. Non tocca a me commentare le voci comunque. Bisogna chiedere al Tesoro.
Dobbiamo aspettarci altre operazioni in Sudamerica?
In Sudamerica abbiamo una situazione societaria complessa. Le partecipazioni nelle controllate sono incrociate con altre di minoranza e questo rende complicata la gestione e il transito a monte del valore creato. Quindi è necessario semplificare questa struttura.
Ci saranno nuove emissioni per finanziarvi?
Al completamento dei nostri programmi manca un miliardo in dollari di bond ibridi. È una ottimizzazione di posizione finanziaria. Ma non è strettamente necessaria. Se ci sono le condizioni di mercato la faremo.
L’Enel è un gruppo che opera in molte parti del mondo, ma l’Italia e l’Europa rischiano di diventare una zavorra. Come pensate di reagire al calo dei consumi elettrici?
Il calo iniziato nel 2008 ha visto per la prima volta una contrazione dei consumi delle famiglie. Non c’è solo la riduzione della domanda delle industrie, c’è qualcosa di più importante. È la prima volta che questo è avvenuto nel dopoguerra. Ed è connesso, oltre alla crisi, alle dinamiche demografiche e in qualche modo anche all’efficienza energetica. Con la ripresa dell’economia il quadro migliorerà, e noi ci attendiamo un miglioramento a breve, ma è chiaro che ci dovremo abituare in Europa a un andamento moderato dei consumi energetici.
Vuol dire che per creare valore dovrete guardare oltre l’Europa?
No, perché c’è modo di creare valore al di là dei consumi di kilowatt. È il discorso che le facevo all’inizio con i quattro fattori di innovazione su cui puntiamo. Poi è chiaro che guardiamo con interesse al mondo per investire nella generazione e nella distribuzione in quei paesi dove i consumi salgono.
Che sviluppi immagina in Sudamerica?
Stiamo mettendo a fuoco tutta l’America latina, compreso il Messico. E lo facciamo da tutti i punti di vista: rinnovabili, tradizionali e distribuzione. Gli sviluppi possono essere impressionati. Ma intanto costruiamo la nostra nuova America latina in Africa, che offre situazioni di grande interesse in molti Paesi. In Sud Africa, innanzitutto, che è di gran lunga la società più avanzata ed è in grande difficoltà energetica. Ha seri rischi di continuità e può trarre grandi benefici dai programmi di investimento estero.
Come giudica la vicenda degli incentivi troppo generosi al fotovoltaico?
È avvenuto quello che è avvenuto nel resto del mondo. Tutti hanno rincorso con un anno di ritardo la discesa di valore dei pannelli, rendendo gli incentivi troppo generosi. Ma in Italia ora la stiamo gestendo bene, senza distruggere la fiducia degli investitori. Il governo sta procedendo bene, confrontandosi. In Spagna questo non è avvenuto. Non è stato rispettato il patto che le regole non si possono cambiare retroattivamente. Hanno cambiato retroattivamente e lo hanno fatto senza parlarne con il settore. da qui i molti ricorsi degli investitori esteri e locali. No, non è stata una storia di successo.
Dicono che lei ribalterà l’organizzazione dell’Enel per divisioni…
Non so chi è entrato nella mia testa. Capisco che chi va sulle pagine web dell’Enel percepisce subito che l’azienda ha una organizzazione complessa, molto diversa tra le sue varie parti. Ed è intuitivo che una riorganizzazione serve. È vero, dobbiamo diventare piu semplici e lo faremo confrontandoci all’interno dell’azienda e con il cda.
Cosa si aspetta dal governo di Matteo Renzi?
Quello che si sta facendo in Italia va nella direzione giusta. Lavorare sul complessivo rilancio economico è più importante che lavorare sul nostro settore specifico. Questo governo l’ha capito. Lo sforzo di far ripartire le Pmi è sacrosanto.
Anche attraverso lo sconto sulla bolletta energetica?
Lo sconto in bolletta viene dall’ottimizzazione di cose fuori tempo. È una buona idea. Concorre a rilanciare Pmi. Se Pmi ricominciano a funzionare riprendo in consumi più di quanto perdo. Anche sulla regolazione la direzione è giusta. È dal governo spagnolo, piuttosto, che mi aspetto qualcosa di diverso.
Non le va proprio giù il cambio delle regole…
Esatto. Le misure retroattive del governo di Madrid hanno prodotto dei danni. E l’intero settore elettrico è oggi paralizzato nella sua operatività. Non si sa cosa fare, non si capisce dove si andrà. Il governo spagnolo dovrebbe fare chiarezza in un standard europeo. Non tornare allo status quo precedente, ma fare un salto in avanti.
Come guarda alle elezioni?
Quello che per me conta è che l’Italia sia ben rappresentata in Europa. Nei prossimi anni bisogna decidere cosa succederà nella politica energetica europea: cosa vogliamo fare dopo l’agenda 2020? vogliamo decarbonizzare? e fino a quanto? Eppoi c’è la questione del mercato unico dell’energia elettrica: le infrastrutture sono pronte, quando le regole consentiranno a un elettrone di viaggiare senza barriere nel continente? Sono domande importanti. Noi investitori abbiamo bisogno di certezze.
Intanto Enel ha approvato quella clausola di onorabilità che altrove è stata bocciata. Come la valuta?
Sono totalmente neutro. Francamente ne prendo atto e riguarda l’azionista.
Lei è un ingegnere nucleare, non è stato un errore l’addio al nucleare?
Il tema è archiviato ed è inutile parlarne.
Quanto prenderà di stipendio? La legge dice che deve guadagnare il 25% in meno del suo predecessore.
E allora guadagnerò come dice la legge.