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La birra? L’energia geotermica per una produzione a impatto zero

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Dalla fermentazione del luppolo alla stagionatura dei salumi. Gli impieghi dell’energia geotermica nell’industria alimentare. Conveniente e sostenibile. E in Italia l’avanguardia sta in Toscana.

Fonte: Lettera43.it

Autore: Rossana Caviglioli

 Tutto è iniziato il 20 dicembre 2007, con la firma dell’accordo generale sulla geotermia tra Enel e Regione Toscana. In seguito a quell’intesa cinque comuni (Pomarance, Castelnuovo Val di Cecina, Monterotondo Marittimo, Santa Fiora e Monteverdi Marittimo) si sono agganciati alle tubature delle centrali geotermiche della Val di Cecina, riunite attorno allo storico stabilimento di Lardarello. Oltre a dare a tutti la possibilità di teleriscaldare la propria casa, la disponibilità di energia pulita a basso costo ha spinto molti piccoli imprenditori della zona a installare piccoli impianti di spillamento e a iniziare un uso “creativo” dei vapori del sottosuolo. Dagli utilizzi più tradizionali per il teleriscaldamento o per mantenere la temperatura di serre e impianti ittici si è passati a essiccamento, decongelamento, distillazione e pastorizzazione dei prodotti.
QUALITÀ A IMPATTO ZERO. Le aziende a energia geotermica della zona, tutte concentrate in pochi chilometri attorno al Parco delle Fumarole di Sasso Pisano, sono riunite nella Comunità del Cibo a Energie Rinnovabili. Una dozzina di piccoli produttori di alta qualità e “a impatto zero” che comprende il salumificio Arcadia, che utilizza la geotermia per la stagionatura della cinta senese, e il “caseificio geotermico” San Martino, che produce il pregiato pecorino di fossa. L’ultimo nato è Vapori di Birra, che ha deciso di sfruttare il calore delle profondità della terra per scaldare l’acqua e innescare il processo di fermentazione del luppolo. L’amministratore, Edo Volpi, è un esperto del settore, avendo lavorato per 33 anni nella centrale di Larderello. Le prime birre prodotte si chiamano, neanche a dirlo, Magma, Geyser e Sulfurea.
L’AVANGUARDIA TOSCANA. Grazie anche alla sua conformazione geologica, la Toscana è in prima linea nella promozione dell’energia geotermica e spera di raddoppiarne la produzione in 10 anni. L’obiettivo è difficile ma non impossibile, almeno nel Centro Italia. Secondo l’Unione Geotermica Italiana, le potenzialità sono soprattutto nella fascia pre-appenninica di Toscana, Lazio e Campania e su alcune isole minori del Tirreno meridionale. Larderello, la più antica centrale al mondo di questo tipo, assieme agli impianti minori, copre ben il 26% del fabbisogno energetico toscano, ma nel resto del Paese non ci sono strutture paragonabili: su base nazionale il geotermico ha fornito nel 2010 poco più dell’1% dell’energia totale.
UN’ENERGIA DISPONIBILE OVUNQUE. Per sfruttare il calore del sottosuolo non è comunque necessario vivere vicino a una centrale. Gli impianti di geoscambio a bassa entalpia (che lavorano cioè a temperature minori, non sufficienti per produrre energia elettrica ma perfette per riscaldare un edificio) si possono installare praticamente in tutta Italia, e il loro uso si sta diffondendo soprattutto tra le grandi aziende. La climatizzazione di molti punti vendita Ikea, tra cui quello di Corsico, in provincia di Milano, funziona grazie a una serie di geosonde che scendono fino a 125 metri di profondità, consentendo di riscaldare il negozio d’inverno e di rinfrescarlo d’estate. Lo stabilimento Barilla di Pedrignano, a Parma, ha da poco ottenuto l’autorizzazione a costruire un impianto simile, con un risparmio stimato di 500 mila metri cubi all’anno di metano. Il rapporto Comuni Rinnovabili 2014 di Legambiente censisce poi 372 amministrazioni che ospitano impianti geotermici di vario genere, che producono un totale di 814 Mw elettrici, 257 termici e 4,4 frigoriferi.

Italia quinta nella classifica dei Paesi più geotermici: prime le Filippine
Se si guarda alla situazione mondiale si scopre che l’Italia è messa poi tutt’altro che male. In testa alla classifica dei Paesi più geotermici, secondo il rapporto della Geothermal Energy Association, ci sono le Filippine, che utilizzando questa fonte hanno coperto nel 2010 ben il 18% del loro fabbisogno di energia, pari a 1.904 Mw. Il minuscolo El Salvador fa anche di meglio: solo 204 Mw, ma ben il 26% dei consumi nazionali, mentre l’Islanda arriva al 25% dell’elettricità prodotta e al 90% degli edifici riscaldati. L’Italia è quinta in termini di produzione assoluta, con 843 Mw, e decima in quanto a percentuale sui consumi. Dopo l’inarrivabile Toscana, con una produzione di 786 Mw arrancano la Lombardia, con 11 Mw, il Piemonte, con 7,8 e l’Emila Romagna, con 3,1. Gli Usa, pur producendo circa un terzo dell’energia geotermica mondiale, risultano, se paragonati, molto meno “rinnovabili” di noi. Questo nonostante le poche certezze sugli incentivi che certo non invogliano i privati.
AGEVOLAZIONI PER CHI NON INQUINA. FORSE. Le agevolazioni ci sono, almeno sulla carta, ma sono continuamente messe in discussione. Il Conto Termico del dicembre dei 2012 incentiva ad esempio gli interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni, come la sostituzione degli impianti di climatizzazione, e dal 2001 lo Stato premia chi si allaccia a una rete di teleriscaldamento tramite un credito d’imposta, che viene scalato dalla bolletta. Ma in seguito alla Legge di Stabilità 2014 quest’ultima agevolazione è stata tagliata del 15% e anche le nuove disposizioni Ue, in vigore dal primo luglio, prevedono una graduale diminuzione degli aiuti di Stato alle rinnovabili.
UNA SCELTA COMUNQUE CONVENIENTE. L’incertezza non sembra spaventare i soci della Comunità del Cibo a Energie Rinnovabili. «La nostra azienda utilizza quasi esclusivamente l’energia fornita dal vapore sotterraneo», spiega EdoVolpi, di Vapori di Birra. «Usiamo l’elettricità tradizionale solo per le pompe e l’illuminazione, perché non possiamo fare altrimenti. Per noi non si tratta solo di una scelta ecologica ma di un vantaggio concorrenziale, sul lungo periodo». L’impianto di spillamento costa, ma il risparmio sulla bolletta è notevole e le spese verranno ammortizzate in due o tre anni, con o senza incentivi. Anche se, precisa Volpi, l’idea non è quella di abbassare i prezzi. «Piuttosto che produrre una birra di fascia media e venderla per pochi centesimi preferiamo migliorare la qualità del prodotto, ottenendo un’ottima birra a prezzi accettabili».
PRODOTTI ANTICHI, TECNICHE MODERNE. Massimo Ricci, proprietario del vicino caseificio San Martino, è d’accordo. «Dal 2004 siamo attaccati all’impianto geotermico dell’Enel, e usiamo il calore del vapore per varie fasi della produzione». Anche Ricci ammette di aver pensato all’ecologia solo in parte. «Invece di 50 mila euro ora ne spendiamo 5 mila all’anno, in cinque anni abbiamo ammortizzato il costo iniziale. E abbiamo avuto solo qualche limitatissimo incentivo». In attesa di sviluppi, San Martino continua a produre pecorino di fossa mentre Vapori di Birra ha iniziato a offrire, nel pub accanto allo stabilimento, boccali di Magma, Geyser e Sulfurea, accompagnate da taglieri di formaggio e salumi “geotermici”. I prossimi passi sono l’apertura di uno store online e una nuova birra aromatizzata alle castagne, altro prodotto tipico della zona. Tutto sempre a chilometro zero e senza energia fossile aggiunta.