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Ambiente. Il censimento delle emissioni

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Crisi e rinnovabili tagliano la CO2: raggiunto Kyoto

Fonte: Il Sole 24 Ore

Autore: Jacopo Giliberto

L’obiettivo di Kyoto è raggiunto, straraggiunto. È effetto anche della diffusione delle fonti rinnovabili d’energia, è una conseguenza della propensione al risparmio e all’efficienza energetica, ma sicuramente è soprattutto un risultato del calo drammatico di produzione e di consumi: nel 2012 sono scese del 5,4% rispetto al 2011 le emissioni italiane di gas scaldaclima, a cominciare dall’anidride carbonica.
L’obiettivo del Protocollo di Kyoto era arrivare a -6,5% di emissioni nel 2012 rispetto a quelle rilevate nel ’90: ebbene, nel 2012 l’Italia è arrivata a -11,4%. È uno dei pochi aspetti positivi dati da una crisi economica profonda cominciata nel 2008.
I dati sono dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) che ha divulgato ieri l’inventario nazionale delle emissioni in atmosfera dei gas a effetto serra relative al 2012, l’anno-obiettivo del Protocollo di Kyoto, un documento preparato in ossequio agli impegni internazionali del Protocollo di Kyoto e dell’Ipcc, l’organismo dell’Onu contro i cambiamenti del clima.
Il documento, 507 pagine fitte di citazioni bibliografiche, grafici e tabelle, esamina tutte le fonti di produzione dei gas a effetto serra, con un dettaglio che arriva perfino alle emissioni dovute a sepolture e cremazioni.
Ma l’inventario Ispra non dice chi sono i più forti produttori di CO2 d’Italia. Qui viene in aiuto l’analisi di Carbon Market Data che ha appena completato il confronto 2013 delle emissioni europee. In Italia, con 11,8 milioni di tonnellate di anidride carbonica, è in testa la centrale Enel a carbone di Brindisi Sud, all’ottavo posto in Europa dopo la Polonia con la centrale Pge a Belchatow, non lontano da Lodz (31,1 milioni di tonnellate), e dopo una lista di centrali in cui spiccano tre impianti della tedesca Rwe, uno della Vattenfall in Germania, una centrale in Inghilterra e una in Grecia. Da osservare che, in linea con l’andamento italiano rilevato dall’Ispra, nel 2013 la centrale dell’Enel ha ridotto i fumi di circa il 3% mentre al contrario polacchi e tedeschi hanno i fumi in crescita rilevante. Per l’industria chimica è in testa ancora la Polonia con uno stabilimento di azotati a Pulawy (in Galizia), e per la produzione di alluminio è prima la Spagna (nessuna azienda italiana fra i grandi emettitori di CO2).
Secondo l’Ispra, la causa del risultato italiano «è conseguenza sia della riduzione dei consumi energetici e delle produzioni industriali a causa della crisi economica e della delocalizzazione di alcuni settori produttivi, sia della crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico) e di un incremento dell’efficienza energetica».
In frenata non solamente l’anidride carbonica ma anche le emissioni di metano (che ha un potere assai più forte di scaldare l’atmosfera) e di altri composti quali protossido di azoto, fluorurati e altro.
Per segmenti, se l’energia fuma meno (i chilowattora prodotti sono cresciuti ma grazie alle rinnovabili le emissioni sono scese dell’8% nel 2012 rispetto al 1990) e scendono le emissioni dell’industria manifatturiera (-36,8% grazie all’innovazione tecnologica), i trasporti invece fumano di più (+37%).